“Un occasionale collaboratore di Karl Ziegler…”: così viene ancora oggi (malamente) ricordato, su alcuni testi del settore, il Prof. Giulio Natta, l’unico premio Nobel italiano per la Chimica.
Essendo passati 70 anni dalla invenzione dei catalizzatori che hanno consentito di produrre la “plastica italiana” – che ha rivoluzionato la vita socio-economica del mondo – sarà il caso di ripercorrere e riordinare brevemente gli eventi dei quali Natta fu il protagonista e la città di Ferrara la coprotagonista di questa “occasione” che è diventata Storia.
Iniziamo dalla fine: cosa è la plastica italiana, il polipropilene, il famoso Moplen© degli anni del boom economico?
Lo scopriamo con alcuni esempi: uno dei giocattoli dei nostri figli è fatto di polipropilene; il paraurti della nostra auto è fatto di polipropilene; molti oggetti di uso comune – in ospedale, a casa, a scuola – sono fatti di polipropilene (p. es. siringhe, bottiglie, cateteri, pannolini, indumenti usa e getta, penne, spazzolini, elettrodomestici, casalinghi, tubi e tanto, tanto altro ancora).
Il polipropilene è quindi un materiale per impieghi prevalentemente strutturali e in alcuni casi anche funzionali, cioè, è un materiale che può servire alla produzione tanto di oggetti con una forma stabile nel tempo e capaci di sopportare sforzi e sollecitazioni meccaniche, quanto di oggetti per uso specifico come cavi, supporti per circuiti integrati, membrane, componenti isolanti, batterie per auto.
Ma come si giustifica una così vasta diffusione di un materiale come il polipropilene? Come sarà mai fatto un simile materiale per adattarsi ad un così gran numero di applicazioni ed usi quotidiani?
Il polipropilene è fondamentalmente un materiale termoplastico e come tale si presta ad essere lavorato e plasmato a temperature relativamente basse e ad assumere in maniera stabile la forma che gli viene conferita attraverso i processi di trasformazione. Esso è di fatto costituito da un insieme di molecole molto grandi (macromolecole appunto) di lunghezza variabile : normalmente una singola macromolecola contiene da 10.000 a 20.000 atomi di carbonio!
Già queste due semplici informazioni – presenza di lunghe catene formate da atomi leggeri – ci permette di spiegare alcune proprietà tipiche di questo materiale : la leggerezza, la flessibilità , l’elasticità, la capacità di essere trasformato in fibre, in tessuto, in film trasparenti, in piccoli e grandi contenitori, in paraurti, in tubi.
Oltre a questo il polipropilene è anche l’emblema di un successo della ricerca e dell’industria italiane e soprattutto di un certo modo di coniugare scoperta ed innovazione vale a dire Scienza e Tecnica.
Giulio Natta nasce a Porto Maurizio (Imperia) nel 1903. Dopo essersi diplomato al Liceo-Ginnasio C. Colombo di Genova entra a soli 16 anni all’Università della stessa città per seguire il biennio di matematica, si iscrive poi ai corsi di applicazione in Ingegneria Industriale al Politecnico di Milano dal quale esce nel 1924.
Per motivi legati ai primi incarichi universitari, le sue ricerche si orientarono verso la strutturistica chimica affrontata dapprima con l’applicazione dei raggi X e poi con la più recente diffrazione elettronica, tecniche che venivano applicate per la prima volta in Italia alla risoluzione di problemi di natura chimica.
La natura ha avuto da sempre questo monopolio, quello cioè di …tenere alle piccole cose, creando cioè dal basso con gli elementi di base a disposizione e assemblandoli in modo controllato per pervenire ad una struttura ordinata più grande; questo vale per gli elettroni , i protoni e i neutroni che formeranno gli atomi, per gli atomi che a loro volta formeranno le molecole, e per le molecole che formeranno le macromolecole.
In tutti questi processi è evidentemente necessario che oltre alle piccole cose (elettroni, atomi, molecole….) si abbia a disposizione anche un “altro” ingrediente, una specie di diavoletto di Maxwell capace di mettere insieme ordinatamente questi singoli pezzetti: di volta in volta chiameremo questo elemento, essenziale all’accrescimento, forza (elettromagnetica, chimica, gravitazionale, etc…) enzima o catalizzatore.
Nell’immediato dopoguerra in Germania e in Italia si stava affrontando, sia da un punto di vista accademico che industriale, un argomento di grande attualità quello della cosiddetta oxosintesi cioè una sintesi che consentiva di ottenere aldeidi e alcoli vale a dire dei prodotti utili come mezzi di conservazione e battericidi. Natta riuscì a chiarire i meccanismi di questa reazione e a definire le condizioni operative che vennero immediatamente applicate sui primi impianti di oxosintesi di Ferrara, nell’ambito del primo grande complesso petrolchimico italiano insediato fin dal 1938. Questo sodalizio tra Accademia e Industria, Politecnico di Milano da una parte e la Montecatini nella città di Ferrara dall’altra, meriterebbe un trattazione a parte, qui ci limiteremo solo a dire che, così come pochi altri casi, questo è un esempio ante litteram di organizzazione creativa sia per quello che si faceva, sia per come lo si faceva.
Nel 1952 ascoltando una conferenza di Karl Ziegler a Francoforte, Natta rimase colpito dal fatto che la crescita di una catena macromolecolare lineare per unioni successive dell’unità di base avvenisse in presenza di un composto metallorganico, il catalizzatore (il diavoletto di maxwell già citato)
Natta intuì le potenzialità di tali composti per “solidificare” tutta una serie di gas: il propilene (gas) divenne polipropilene (plastica) l’11 marzo del 1954 e fu subito depositato un brevetto di prodotto e di processo (giugno 1954).
In meno di un anno dalla preparazione del primo polimero di propilene, Natta fu in grado di comunicare in un meeting dell’Accademia dei Lincei, nel Dicembre del 1954, che grazie alle sue scoperte si sarebbe aperto un nuovo capitolo della chimica macromolecolare e che- ne era convintissimo – le ricadute, nuove ed inaspettate, di tale rivoluzione si sarebbero protratte per tutto quel secolo.
Tre anni dopo, precisamente il 4 Maggio del 1957, nella nostra città fu prodotto il primo lotto industriale di polipropilene isotattico e ancora oggi ricordiamo con sorpresa quelle parole profetiche di Natta e le motivazioni del Premio Nobel per la Chimica del 1963 ricevuto dal Prof. Natta:
“In natura esistono molte macromolecole ‘costruite’ in modo regolare e controllato, basti pensare alla cellulosa o al caoutchouc. Fino ad oggi noi tutti consideravamo che questo fosse un monopolio esclusivo della Natura dato che tali macromolecole sono realizzate con l’aiuto di enzimi. Il Prof. Natta ha infranto questo monopolio.”
Da Natta in poi la realtà non verrà più solo scoperta ma anche “inventata”.
L’immagine è tratta da un dipinto di Pino Parisi dal titolo “Tenere alle piccole cose”.