Ci sarebbero valide ragioni per la realizzazione di un museo cittadino che racconti la storia della plastica (e più in generale di un’epoca), partendo proprio da quei materiali nati nella città estense, i famosi Moplen e Dutral.
Prima di tutto perché sarebbe bene ripercorrere un’altra storia della città e raccontare come una comunità possa creare non solo cultura artistica, umanistica, urbanistica ma anche scientifica: la scienza dei materiali polimerici, da ormai 70 anni, che piaccia o meno, fa parte del patrimonio culturale della città.
Una seconda ragione a favore di un museo di questo tipo è che i musei scientifici in Italia sono pochi e che in ogni caso un museo, in generale, non serve solo per parlare del passato ma anche per inquadrare meglio il presente e per progettare un possibile futuro.
E infine, un’altra valida ragione è che questo sarebbe il primo “museo moderno” cioè un luogo che esporrebbe e ci esporrebbe tutti – potenziali cittadini e visitatori – a/in questa “Era presente” ribattezzata Antropocene, per consentirci così di proiettarci consapevolmente verso un futuro nel quale riconoscersi.
La parola chiave di un museo così concepito dovrebbe essere: plasticità.
Il termine inglese corrispondente è plasticity che al suo interno contiene, quale suffisso, la parola -city: città. Occorre infatti saper riconoscere alla città di Ferrara una sua specifica caratteristica che viene da lontano e che varrebbe la pena salvaguardare e implementare: una capacità di adattamento che la rende da sempre città resiliente.
La plasticità è un concetto trasversale a molte discipline e, stando alla definizione, può essere usato tanto per un terreno, quanto per le arti figurative, per i materiali, per il cervello per la psiche fino all’economia e alla sociobiologia.
È innegabile che i materiali plastici già dal nome ( plastĭca, gr. πλαστική «arte che riguarda il modellare») richiamano questa caratteristica di adattarsi alle sollecitazioni e quindi alla capacità di sostenere/recuperare le “deformazioni” subite.
Ma la plasticità è anche una caratteristica di un terreno argilloso che determina il passaggio da uno stato plastico a uno semisolido; di un terreno agricolo che lasciato a riposo recupera la sua potenzialità generativa. In embriologia la plasticità è quella capacità di una parte dell’uovo o dell’embrione di evolvere in modo differenziato.
In neurofisiologia la plasticità indica l’adattamento del sistema nervoso a condizioni interne ed esterne mutevoli ed è alla base di meccanismi e processi quali la memoria, l’apprendimento, il condizionamento, l’empatia.
Con riferimento a opere di arte figurativa o di impianto urbanistico e architettonico, la plasticità è quella impressione di rilievo che viene suggerita all’osservatore. E per terminare con il senso figurato, la plasticità, definisce quell’attitudine della specie umana ad essere plasmata dall’educazione e dagli eventi, quella capacità cioè di adattamento a circostanze di vita e d’ambiente diverse da quelle abituali perché modificate da noi stessi e dal nostro modo di vivere.
Ecco perché un Museo Moderno dei Materiali dovrebbe essere definito, in primis e proprio qui a Ferrara, una vera e propria PlastiCittà.
Nelle prossime puntate cominceremo un tour virtuale di questo museo a cominciare dalla Prima Sala: Il Moplen e il Dutral a Ferrara (1950-1960).