Ivan Plivelic, nato in Ungheria, vive a Ferrara dal 1956, dopo essere uscito dal Paese magiaro a seguito della rivoluzione contro “l’occupazione sovietica e il locale succube governo”, alla quale prese parte.
A Ferrara, ha completato gli studi laureandosi in chimica e ha operato presso il Centro Ricerche del Petrolchimico fino al 1993.
Nel 2006 con il sostegno dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, ha pubblicato le memorie della Rivoluzione ungherese con il titolo: “La mia Rivoluzione da Budapest 1956 all’Italia”, Edizione Este Edition di Ferrara.
Recentemente ha collaborato alla realizzazione del libro “Ferrara e il suo Petrolchimico, volume secondo” con diversi testi nei quali illustra la sua storia da Budapest a Ferrara, la sua attività professionale e artistica.
Non passa il tempo, ci cambiamo noi
Imre Madách
La mia Rivoluzione, di Ivan Plivelic
Scrivo della mia rivoluzione, di come ho voluto cambiarmi, come ho potuto diventare un altro uomo. Una rivoluzione, questa, più importante della mia lotta armata. Al mio ritorno in patria, dopo trentadue anni di assenza, mi chiedevo cosa avrei provato. Sul confine non sentii nulla, nessuna emozione, non provai desiderio di baciare la terra natia, come se fossi giunto non a casa ma in un paese straniero. Pensavo “ormai è svanito l’amore per la patria, sono qua come turista per vedere che cos’è cambiato”. Una settimana sul Lago Balaton, un’altra a Budapest. Tutto era tranquillo, come se fossero passati appena alcuni mesi dalla mia fuga. Fu un violinista tzigano, in un ristorante, a scuotere la mia indifferenza, risvegliando il passato. L’abbracciai in lacrime, ma non fu il vero ritorno di Ulisse. Ciò avvenne di domenica, alla Chiesa di Mattia, mentre si cantava il commovente Inno Nazionale. Io non ci riuscii. Per la commozione la mia gola era stretta come in una morsa, emettevo solo suoni stonati, era più un pianto che un canto. Le lacrime bagnavano la terra ai miei piedi. Ero finalmente tornato a Casa!