L’Associazione Cds Cultura, il Movimento Federalista Europeo di Ferrara e dell’Emilia-Romagna, e l’Associazione Ferrara Bene Comune, hanno organizzato sabato 31 ottobre scorso un’iniziativa online sul tema del processo di integrazione europea, tra il Recovery Fund e l’auspicata Conferenza sul Futuro dell’Europa.
Si tratta della prima iniziativa non in presenza cui ha preso parte attiva l’Associazione Cds Cultura dopo aver presentato a Factory Grisù, il 9 e 10 ottobre, l’Annuario Socio-Economico Ferrarese 2020, due eventi che si sono svolti in presenza con un ottimo riscontro da parte del pubblico. Ma l’evoluzione successiva della pandemia, come ha sottolineato nell’intervento di apertura la presidente del Cds Cinzia Bracci, rende ora necessario l’utilizzo delle tecnologie digitali per poter continuare a svolgere iniziative pubbliche, che Cds ha in programma già a partire dal prossimo 13 novembre con un nutrito calendario di eventi digitali in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza alle donne, con focus sulla violenza economica e che coinvolgerà in un intervento online, il 21 novembre, anche Antonia Carparelli, Consigliere per la governance economica nella Rappresentanza in Italia della Commissione europea.
Lo spunto di riflessione dell’iniziativa del 31 ottobre è partito dal volume Profili di integrazione amministrativa europea pubblicato di recente da Guglielmo Bernabei (ed. Cleup, maggio 2020), docente in Unife, il quale nel suo intervento ha evidenziato come la pubblica amministrazione europea sia ancora in là da venire: esiste infatti un’amministrazione interna alle istituzioni europee ma non un’amministrazione comune per tutti i Paesi, che sarebbe invece di fondamentale importanza per perseguire l’interesse pubblico evitando ogni situazione di incertezza nell’interpretazione delle norme. La mancanza di una regìa europea, soprattutto in termini organizzativi, oltre che creare incertezza determina anche condizioni di disparità, sia fra gli Stati che al loro interno. In campo sanitario, ad esempio, questioni di importanza vitale come la logistica sanitaria e la distribuzione dei vaccini sono procedure tipicamente amministrative, che mancando di un quadro uniforme creano problemi enormi, tra l’altro in contrasto con i principi dichiarati dagli stessi trattati istitutivi dell’Unione. Procedure amministrative confuse, farraginose, diverse da Paese a Paese comportano inoltre un maggior costo economico per tutti, oltre a favorire l’espandersi della corruzione. Siamo, cioè, ancora nella fase di discussione dei “profili” di un diritto amministrativo, e siamo privi di quei strumenti fondamentali che ci consentirebbero di affrontare con maggiore tranquillità emergenze continentali e planetarie come quella che stiamo vivendo col coronavirus, che è una fra le tante. È perciò assolutamente indispensabile andare oltre le sole enunciazioni simboliche, pur necessarie, per configurare procedure amministrative comuni.
L’intervento del prof. Aurelio Bruzzo, docente di politica economica in Unife, ha toccato dieci temi fondamentali che sono sintetizzati nelle slide qui allegate. L’Italia parte da una posizione di privilegio nella distribuzione delle risorse del Recovery Fund, che però comporta una particolare responsabilità nell’impiego delle stesse. Recovery Fund che peraltro, alla luce della seconda ondata della pandemia, risulta essere insufficiente per poter supportare interventi significativi, in Italia e negli altri Paesi dell’Unione, su alcuni capitoli fondamentali: per contrastare gli effetti della pandemia sul sistema economico-produttivo (la crisi delle imprese può generare crisi nel sistema finanziario e può portare alla crisi degli stessi bilanci pubblici, in una sequenza progressiva di eventi negativi che devono essere prevenuti dall’autorità politica, che evidentemente non può che essere individuata nell’Unione e non nei singoli Stati), per conseguire gli obiettivi dl Green New Deal, per accompagnare la trasformazione digitale e per contrastare gli eventi catastrofici dal punto di vista ambientale, dal dissesto idrogeologico alla bonifica dei numerosi siti industriali.
La crisi attuale è peraltro destinata a produrre conseguenze a lungo termine, per l’aumento dei debiti pubblici nazionali (in primis dell’Italia), col possibile declassamento dei rating ed il conseguente futuro aumento dei costi finanziari pagati per gli interessi sul debito pubblico. Va evidenziato, a questo proposito, che l’Italia, dall’inizio della pandemia, ha già fin qui speso qualcosa come 170 miliardi di euro in deficit, una cifra enorme a costi irrisori grazie all’appartenenza del nostro Paese all’area euro ed all’ombrello protettivo della Bce (il nostro Paese fuori dalla moneta unica, in una situazione del genere, si sarebbe trovato a dover affrontare l’iperinflazione insieme alla recessione economica, uno scenario da incubo che abbiamo però visto di frequente anche in tempi recenti in altri Paesi del mondo, in primis in America Latina).
L’utilizzo del Recovery Fund (ma non dimentichiamoci anche degli altri fondi che ci mette a disposizione l’Ue, dal MES al SURE ai finanziamenti BEI) deve perciò essere accompagnato da incisive riforme, in tema di giustizia, fisco, pubblica amministrazione, e che si renderanno necessarie non perché ce lo chiederà l’Europa ma perché l’Italia è il Paese che, già ben prima della pandemia, cresceva a ritmi notevolmente inferiori rispetto agli altri, abbassando perciò la stessa media europea. Come ha evidenziato nel suo intervento anche il prof. Jacopo Di Cocco, direttore de L’Unità Europea e docente Unibo, l’Italia è l’unico Paese dell’Ue che ha visto negli anni ridursi il Pil pro-capite , e questo già prima dell’ingresso nell’euro. Le carenze di produttività, sia nelle imprese (la maggior parte delle quali nel nostro Paese hanno dimensioni medio-piccole) che nel lavoro, richiede massicci investimenti dalla formazione e riqualificazione del personale fino al potenziamento di Industria 4.0
Gli investimenti produttivi, in grado di generare ulteriore sviluppo, dovrebbero essere obiettivi condivisi a livello europeo, veri e propri Obiettivi Europei, sui quali dovrebbe convergere – convintamente – anche la burocrazia, e questo anche (soprattutto) a fronte di governi diversi nel colore politico-partitico che possono succedersi nei diversi Paesi e all’interno dello stesso Paese. La partecipazione democratica deve poter essere coniugata con l’efficienza della spesa, e non contrapporsi ad essa: diventa qui di fondamentale importanza l’introduzione (persino l’obbligatorietà, come ha evidenziato Francesco Badia nel suo intervento) degli strumenti partecipativi, a partire dai territori e dalla predisposizione dei bilanci partecipati.
Ci aspetta un periodo lunghissimo prima di poter anche solo recuperare i livelli di reddito e ricchezza che avevamo ante pandemia, tempi molto lunghi e peraltro diversamente lunghi da Paese a Paese, da qui l’importanza delle politiche di coesione, che sono quelle più rilevanti all’interno del bilancio europeo e che andranno, necessariamente, potenziate (insieme all’entità del bilancio stesso, ora troppo modesto rispetto ai bilanci degli Stati nazionali).
L’iniziativa è stata coordinata da Marco Celli, segretario regionale Mfe, che si è soffermato in particolare sul contesto internazionale: da molti è stata evidenziata l’asimmetria che caratterizza la crisi odierna, ed è contro questa asimmetria che la Commissione europea ha messo in campo importanti strumenti; ma vi è un’altra asimmetria che occorre evitare, e cioè quella dell’Europa sul piano internazionale: è in atto uno scontro fra nuove potenze, l’Unione si è formata sul mercato interno in un quadro internazionale che era governato dagli USA, che cercavano di farsi carico della stabilità mondiale, ma oggi non è più così. Che ruolo vuole giocare l’Europa in politica estera, vuole essere spettatrice oppure protagonista? Russia, Turchia, Mediterraneo, Africa, lotta al cambiamento climatico..… occorre ripensare il modello politico istituzionale anche per svolgere un ruolo significativo sullo scenario internazionale: è quanto mai necessaria una nuova visione, e la “Conferenza sul futuro dell’Europa” è un’occasione straordinaria per avviare il dibattito sul multilateralismo.
In testa a tutto, ci ha ricordato Sante Granelli nel saluto finale a nome della sezione Mfe di Ferrara, resta l’importanza del Parlamento europeo, che è l’unica istituzione dell’Unione eletta democraticamente dai cittadini e che deve essere investita dai più ampi poteri, quei poteri che continuano invece ad essere esercitati dagli Stati, spesso in contrasto fra loro.
Attendiamo quindi ora di sapere cosa ci dirà Antonia Carparelli, nel prossimo appuntamento del Cds previsto per il 21 novembre e che si svolgerà ovviamente sempre in modalità online, una modalità che (l’abbiamo visto con l’iniziativa del 31 ottobre) consente la partecipazione anche da parte di persone interessate che, vivendo in altre province, difficilmente – anche in tempi normali – avrebbero raggiunto la sede di Factory Grisù a Ferrara per assistere in presenza. Le iniziative online, come il Recovery Fund, possono quindi rivelarsi un potenziale strumento moltiplicatore (di partecipazione quelle, di ripresa e sviluppo l’altro) che non bisogna assolutamente sprecare.
<Guarda qui il video della presentazione di Cinzia Bracci>
<Guarda qui il video dell’intervento di Guglielmo Bernabei>
<Guarda qui il video dell’intervento di Aurelio Bruzzo>
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