Il Prof. Michele Ballerin il giorno 9 maggio 2019, giorno della festa dell’Europa, ha concluso la serie di incontri organizzati dal Movimento Federalista Europeo di Ferrara per gli studenti del Liceo “G. Carducci” e il Liceo classico statale “L. Ariosto” di Ferrara. Presso la sede di quest’ultimo, partendo da considerazioni sul sovranismo, il prof. Ballerin ha preso in considerazione in particolare due dei grandi temi che interessano l’Europa, affermando che solo in parte essi sono conseguenze della globalizzazione.
In particolare, il fenomeno migratorio, guerre e persecuzioni a parte, rimane diretta conseguenza dell’aumento demografico ed è presumibile che in futuro aumenterà anche in ragione di cambiamenti climatici previsti come sempre più destabilizzanti per le aree abitative maggiormente colpite dai fenomeni della desertificazione e della crescita del livello delle acque marine.
Già la sola densità della popolazione mondiale prevista in crescita, fa capire che questioni di dimensioni tali da superare i confini di ogni nazione non possano essere affrontate che da azioni collettive, portate avanti da più paesi, superando l’illusoria convinzione che vorrebbe ogni singolo paese capace con le sole sue proprie forze, di dare soluzioni efficaci ai problemi sovranazionali o addirittura mondiali. Capire che occorra dotarsi degli strumenti giusti e quindi agire per acquisirli dovrebbe essere l’occupazione prioritaria in cui i Paesi membri dell’Unione dovrebbero impegnarsi, per dar vita ad un vero governo europeo che ora l’Europa non ha. Il compito di affrontare i problemi comuni, attualmente, è affidato al Consiglio europeo che è formato dai capi di governo e di stato e che decide all’unanimità, il che significa che decisioni che dovrebbero essere rapide e incisive spesso vengono eluse o ritardate al punto d’essere totalmente insignificanti. Parliamo di una struttura formata da politici, che rispondono ad interessi nazionali e non comunitari, e perciò in realtà non propriamente democratica, in quanto non chiamata a dar conto dei propri atti di fronte al Parlamento europeo (organismo comunitario realmente democratico) al quale, tra l’altro, spettano sì competenze legislative europee ma non tutte quelle che competono ad uno Stato. Le competenze economico-fiscali e quelle di politica estera ne rimangono escluse. Quali potrebbero essere le condizioni per un cambiamento di struttura istituzionale europea? È utopico pensare che avvenga un cambiamento istituzionale in tal senso? La storia ha insegnato che spesso ciò che appare un’utopia diventa improvvisamente realtà di fronte a necessità impellenti. Prima della rivoluzione francese nessuno avrebbe pensato che la nobiltà perdesse il potere a favore della borghesia e della democrazia. Così, per molta parte della prima metà del secolo scorso, nessuno avrebbe pensato che un giorno Francia e Germania avrebbero convenuto di mettere insieme le materie prime per la fabbricazione degli strumenti bellici, o che la Germania avrebbe potuto rinunciare alla sua potentissima moneta nazionale in favore di quella comunitaria.
Ballerin poi ha affrontato il tema dell’occupazione.
Riguardo questo tema, che interessa in maniera particolare le giovani generazioni, ha invitato a non collegare la mancanza di lavoro alla presenza di migranti nel nostro paese, sostenendo che ha piuttosto a che fare con il fenomeno della globalizzazione, portatrice di vantaggi per le popolazioni dei Paesi più svantaggiati ma, in Occidente, anche di indubbi svantaggi. Ha accennato alle enormi differenze di costo per esempio tra i prodotti italiani e quelli di paesi “in via di sviluppo” (non soltanto asiatici), dove gran parte dell’imprenditoria occidentale ha spostato la parte manifatturiera, per i bassissimi costi di produzione. Dando un accenno alle differenze esistenti tra le fiscalità a carico delle imprese, si è soffermato in particolare sul dumping salariale esistente tra le paghe e contribuzioni dei lavoratori di quei Paesi, dove i diritti sindacali così come le norme di sicurezza sul posto di lavoro sono pochi se non completamente inesistenti, e quelle dei nostri lavoratori.
Ha richiamato anche l’attenzione sullo sviluppo della tecnologia e l’avanzamento della robotizzazione. Un fattore di progresso, ma anche una potenziale causa d’aumento della disoccupazione. È evidente come occorra al più presto trovare una soluzione assistenziale in grado di supportare la manodopera meno specializzata messa in disoccupazione. Nell’immediato, si potrebbe ricorrere alla misura di una redistribuzione di reddito, ottenuta attraverso un’apposita imposizione fiscale a carico delle imprese multinazionali, ora troppo poco tassate rispetto agli standard fiscali cui sono sottoposti i cittadini privati e le imprese nazionali. Il ricorso a tale innovativa misura fiscale sarebbe giustificato dalla crescita enorme di profitto ottenuto con la sostituzione di forza lavoro umana con forza lavoro robotica.
Occorrerebbe però anche predisporre un poderoso piano di riqualificazione professionale, tale da permettere a chi ha perso il vecchio lavoro di acquisire le nuove competenze richieste dalle nuove produzioni.
Pensare che ogni singolo Paese possa agire efficacemente per recuperare le risorse adatte ad affrontare riforme nella formazione professionale e nella riqualificazione da solo, confrontandosi con i giganti dell’economia mondiale quali sono le multinazionali è completamente illusorio, così come lo è pensare che gli stessi Paesi aderenti all’Unione, allo stato istituzionale attuale, vogliano spontaneamente armonizzare la tassazione a carico delle imprese. Anche queste quindi si presentano come questioni enormi che possono essere seriamente affrontate solamente in modo comunitario, da una forza federale e quindi politicamente unita.