Anche alla luce dell’ultimo Consiglio Europeo del 23 aprile riteniamo utile riepilogare i diversi accordi presi finora in Europa:
1. La BCE (Banca Centrale Europea) si era già impegnata ad acquistare titoli del debito pubblico emessi dagli Stati in modo da contenere i tassi di interesse (e quindi favorire i singoli Stati), per un ammontare di 750 miliardi almeno fino alla fine dell’anno e comunque fino a che l’emergenza non sarà superata. Poiché la BCE può comprare circa 225 miliardi emessi dall’Italia, questo vuol dire che per il 2020 l’Italia non avrà incrementi significativi dei tassi (spread) perché 2/3 dell’intero ammontare emesso nel 2020 (circa 380 miliardi) dal Tesoro italiano potranno essere acquistati dalla BCE, anche qualora (come sta accadendo) le famiglie e le imprese italiane non lo acquistassero (come fanno invece i giapponesi, e anche per questo il loro debito – enorme – è quasi tutto interno e al riparo dalle speculazioni dei mercati finanziari). Peraltro occorre precisare che i 750 miliardi si aggiungono alle precedenti tranches già deliberate per il 2020 prima con Draghi e poi con la Lagarde, per complessivi 1.100 miliardi di euro.
2. E’ stata varata la SURE “cassa integrazione europea”, che aiuterà le imprese a mantenere l’assetto produttivo senza licenziare e si aggiungerà alla nostra Cassa Integrazione Guadagni. Sono 100 miliardi di cui circa 12-15 potenziali per l’Italia.
3. Ogni Paese può usare fino ad un massimo del 2% del PIL (per l’Italia sono ca 35 miliardi di euro) che può usare come prestiti a tassi quasi zero prendendoli dal MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) per finanziare però solo spese relative ai problemi generati da Covid-19 (es. sanità, misure per agevolare l’apertura delle aziende,…). Questi prestiti, erogabili per complessivi 200 miliardi di euro, avranno tassi molto bassi e si potranno usare a condizioni molto leggere. L’Italia ha però detto che in questa fase non intenderebbe utilizzarli; il MES esiste dal 2012, la prima approvazione del Governo italiano risale al 2011 ed è già stato utilizzato (con maggiori condizionalità) da alcuni Paesi (non solo la Grecia, ma anche Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro).
4. la BEI (Banca Europea degli Investimenti) con due diversi piani di intervento è in grado di supportare finanziamenti fino a 240 miliardi di euro, attraverso fondi e garanzie prestate al sistema bancario. La BEI è la banca pubblica dell’Unione Europea ed è la più grande istituzione finanziaria del mondo.
5. La BCE è partita per prima e il pacchetto per oltre 500 miliardi approvato il 23 aprile (Sure, Mes e Bei) sarà operativo da giugno. E’ stata però anche accolta, in aggiunta, la proposta francese e italiana per istituire un fondo per la ricostruzione europea, il “Recovery fund” le cui modalità dovranno essere individuate dalla Commissione Europea il prossimo 6 maggio, in base al bilancio comunitario 2021-2027. Si parla di ben 1.500 miliardi di euro e le soluzioni potranno essere diverse, in sintesi prestiti (alcuni Paesi fra cui l’Italia chiedono l’emissione di Eurobond, obbligazioni che possono essere gestite direttamente dalla Commissione Europea oppure emesse dagli Stati ma con garanzia comune di tutti i Paesi dell’Ue) oppure sovvenzioni (come sono già oggi i fondi di coesione europei piuttosto che i Programmi di Sviluppo Rurale). Il fondo per la ricostruzione europea non piace ai diversi ideologi del sovranismo nazionale, perché comporterebbe comunque, anche in modo parziale, un trasferimento di sovranità in campo fiscale dagli Stati alla Commissione Europea e un necessario allargamento del suo bilancio, che ora è estremamente ridotto, e perciò porterebbe verso quello scenario federale che è tanto auspicato dagli europeisti ma che alcuni Paesi, e tutti i partiti sovranisti, invece non vogliono.
Si può fare meglio e di più? Può darsi, ma già ora di soldi ce ne sono, le misure prese dall’Ue infatti non solo sono significative, ma si aggiungono a quelle degli Stati nazionali, non dimentichiamo infatti lo stop al patto di stabilità che era già stato deciso in precedenza e che è un passaggio fondamentale per interventi corposi degli Stati nelle economie europee. Il problema vero è allora come spendere bene le risorse a disposizione, per la necessaria ripartenza e l’auspicata ripresa, in Italia come negli altri Paesi europei. Perché il vero rischio, come già diceva Arthur M. Okun nel lontano 1975, è che il secchio sia bucato, e cioè che le istituzioni pubbliche, ai vari livelli (Stato, Regioni, enti locali) finiscano con lo spendere male i soldi; o che questi non arrivino dove veramente ce n’è bisogno, a livello economico e sociale.
Alcuni link di approfondimento:
https://ec.europa.eu/italy/news/20200317_covid_19_risposta_europa_it
https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/health/coronavirus-response_it
https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/health/coronavirus-response/economy_it
BCE: Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP)
BEI: la banca dell’Unione Europea
Ansa: Von der Leyen, da Ue e Paesi 2.770 miliardi contro la crisi
http://www.eguaglianzaeliberta.it/web/content/aria-nuova-tra-gli-economisti-il-welfare-non-%C3%A8-uno-spreco (un’analisi risalente al 2005)
(l’immagine è tratta da: https://europa.eu/european-union/about-eu/symbols/flag_it )