Un cordoglio nazionale per Monica Vitti, una Stella dalle tante vite essendosi saputa imporre nel cinema, nel teatro e in televisione.
Nel cinema, disciplina da noi maggiormente seguita, Monica Vitti si era fatta conoscere per il suo sodalizio artistico, ma anche sentimentale, con il regista ferrarese Michelangelo Antonioni.
Il tutto ebbe inizio con il film “Il grido”(1957) quando Monica Vitti, che doppiava l’attrice Dorian Gray, fu chiamata a doppiare anche Alida Valli nell’urlo che emette quando il suo ex marito si lancia dalla ciminiera dello zuccherificio in cui lavorava (la scena è stata girata nello zuccherificio di Mizzana) dopo un lungo girovagare per la pianura padana, a seguito dell’abbandono della moglie.
E con Michelangelo Antonioni interpretò dei film che per primi le diedero fama internazionale. Il riferimento è la “Trilogia dell’incomunicabilità” ( “L’avventura”, 1960; “La notte”, 1961 e “L’eclisse”, 1962) a cui si aggiunge nel 1964 “Deserto rosso”.
Film sulla malattia dei sentimenti e la realtà in cui vivevano i personaggi che ne sono protagonisti. E quello della Vitti rappresentava, per dirla con lo storico Gianni Rondolino, “ una donna moderna , spregiudicata, complessa e complessata, a contatto con una realtà volte incomprensibile. Ma anche incapace di inserirsi pienamente nella società e di instaurare rapporti sinceri e genuini con le cose e con le persone”.
Personaggi i suoi che l’ha portata ad essere il volto più convincente dell’incomunicabilità e dell’alienazione contemporanea. Personaggi drammatici quelli con Antonioni continuati anche nel televisivo “Il mistero di Oberwald”, tratto da un dramma di Jean Cocteau, che il regista ferrarese ha realizzato nel 1980 sperimentando l’uso dell’elettronica, così come sperimentò il colore in funzione narrativa in “Deserto rosso” e successivamente nuove possibilità del linguaggio cinematografico in film come in ”Blow up”(1967) , “Zabriskie point”(1970) e “Professione :reporter”(1975).
Monica Vitti dimostrò le sue alte doti di attrice passando dai ruoli drammatici a quelli comico – grotteschi dando risultati espressivi di grande suggestione e a volte addirittura sorprendenti. La vediamo nel ruolo di un’agente segreto in “Modesty Blaise, la bellissima che uccide “(1966) di Joseph Losey , ma la svolta avviene con “La ragazza con la pistola”(1968) di Mario Monicelli in cui riveste il ruolo di una ragazza siciliana sedotta e abbandonata che decisa a vendicarsi insegue l’uomo (Carlo Giuffrè) che l’ha disonorata, a Londra , desistendo alla fine dal suo proposito avendo conquistata una nuova dignità: un ruolo che le valse un Nastro d’argento come protagonista.
Di “Nastro d’argento” ne ha avuti altri due: come non protagonista per “La notte” di Antonioni e come protagonista per “L’anatra all’arancia” di Luciano Salce, 1975. Ma il suo Palmares annovera , fra l’altro, anche 5 David di Donatello,12 Globo d’oro, un Orso d’Argento alla Berlinale e un Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra del Cinema di Venezia del 1995.
Con l’interpretazione in “La ragazza con la pistola “, Monica Vitti entra prepotentemente nella commedia all’italiana che la vede poi protagonista di tanti film. Tra i più riusciti quelli con Alberto Sordi (regista e attore), ad iniziare da “Amore mio aiutami” (1969) in cui all’idea di un rapporto a tre Alberto Sordi impazzisce di gelosia, “Polvere di stelle” (1973) su una compagnia di guitti in cui è una ballerina d’avanspettacolo nell’Italia del dopoguerra dopo l’arrivo degli alleati, ma anche “Io so che tu sai che io so” (1982) dove lei tradisce il marito (Sordi) e la scoperta di ciò e di altre cose familiari, da parte di lui, ne sconvolge la vita.
Ma nella vita artistica di Monica Vitti ci sono altri film importanti. I due film di Luciano Salce, per esempio. Cioè “Ti ho sposata per allegria”(1967) dove lei è una moglie completamente negata per i lavori domestici che raggiungerà l’apice dei disastri durante la visita della suocera e “L’anatra all’arancia” dove lei si invaghisce di un aitante giovanotto e il marito (Ugo Tognazzi) mette in atto tutti i trucchi del mestiere per riconquistarla, compreso un’appetitosa anatra all’arancia che era il piatto – simbolo della loro luna di miele.
Un grande film di successo è stato “Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca)” realizzato nel 1970 da Ettore Scola in cui si assiste alla ricostruzione processuale per stabilire la dinamica di un delitto: l’uccisione della moglie (la Vitti) da parte di un muratore (Marcello Mastroianni) geloso del fatto che lei si era innamorata di un altro.
Grande interpretazione anche nel film “La Tosca”(1973) dove riveste il ruolo dell’amante del pittore Mario Cavaradossi (Gigi Proietti) che viene arrestato per aver nascosto un patriota evaso (Umberto Orsini). Il suo suicidio buttandosi dal Castel Sant’Angelo è di gran classe.
Ci sarebbero ancora tanti altri film (tra cinema e televisione ne ha interpretati una settantina) da segnalare, tra cui i tre diretti dal marito Carlo Di Palma (“Teresa la ladra”,1973; “Qui comincia l’avventura”, 1975 e “Mimì Bluette, un fiore del mio giardino”, 1976), i due interpretati per il fotografo Roberto Russo ed il suo esordio nella regia.
Con Roberto Russo, sposato nel Duemila e che l’ha assistita con affetto e dedizione dall’inizio della malattia che l’ha portata alla morte, è stata protagonista dei film “Flirt” (1983) e “Francesca è mia” (1986). Il film che l’ha vista dietro la macchina da presa è “Scandalo segreto”(1990), film originale che racconta un storia di tradimento soltanto attraverso l’occhio della telecamera. Monica Vitti, una grande protagonista del cinema che ho avuto il piacere di conoscere nel 1964 in un albergo di Ravenna insieme a Michelangelo Antonioni, in occasione della realizzazione del film “Deserto rosso” e di essere stato tra quelli che l’ha applaudita nel 1995 alla Mostra del Cinema di Venezia quando le fu conferito il “Leone d’Oro” alla Carriera.