È stato di grande interesse il ricordo di Wlodek Goldkorn al Meis di Ferrara, nell’ambito del Festival di Internazionale, della filosofa ungherese Àgnes Heller, scomparsa di recente. La Heller era soprattutto una liberale radicale, impegnata nel combattere il nazionalismo etnico, che considerava il peccato originale dell’Europa. Il populismo in quanto tale non esiste, esiste invece il nazionalismo, e lo spartiacque è fra una società aperta, liberale, ed una società chiusa, etnocentrica.
Liberazione non significa libertà: la Heller era ungherese, l’Ungheria fu liberata dai carri armati sovietici nel 1945, e quegli stessi carri armati soffocarono la libertà nel 1956. L’approdo è allora il liberalismo, inteso nel senso che c’è qualcosa di primario, di non negoziabile (la libertà) e qualcosa che è secondario. Politica e filosofia, secondo la Heller, non devono andare insieme, perché fa male all’una e all’altra: e il male consiste nel rovesciare le parti fondamentali della nostra etica, è una questione politica che richiede una diversa narrazione; alle passioni cattive si possono infatti contrapporre le nostre buone passioni con un diverso racconto: non è facile essere umani, ha osservato Goldkorn, ma ci si impegna.
L’identità è per la Heller qualcosa di molteplice, è fatta dai nostri ricordi, dalla nostra memoria, dai nostri racconti; è una costruzione, ed è importante che sia una identità aperta. Ciascun individuo è infatti caratterizzato da identità molteplici: la Heller osservava che era una donna, ma era anche ungherese, ed era ebrea. Madame Curie fu l’esempio femminile per eccellenza della giovane Heller, per le sue capapcità e la sua determinazione; e gli ebrei hanno sperimentato la pluralità delle identità prima degli altri. I problemi nascono infatti quando “la mia identità è più pura della tua”: come è accaduto nell’Ungheria di questi ultimi anni in cui ha vissuto la Heller. La memoria degli sconfitti, da tradizione ridiventa allora qualcosa di diverso, in grado di contrastare di nuovo il male: così è stato per gli ebrei, e così è stato per le donne, col femminismo.
(l’immagine è tratta da: www.cittadarte.emilia-romagna.it)