Il 10 novembre scorso si è svolto presso l’Aula Magna del CFP di CESTA il primo dei tre convegni del progetto “L’Europa per le pari opportunità generazionali, di genere e territoriali” che ha affrontato i temi legati alle diseguaglianze territoriali tra la provincia di Ferrara e il resto della regione, con approfondimenti sull’Area Interna del Basso Ferrarese i cui comuni presentano caratteristiche socio-economiche diverse dal resto del territorio provinciale. Il Progetto “L’Europa per le pari opportunità generazionali, di genere e territoriali” finanziato dalla Regione Emilia-Romagna sul Bando per iniziative di promozione e sostegno della Cittadinanza Europea – Anno 2023, a titolarità CDS Centro Ricerche Documentazione e Studi Economico Sociali OdV, ha come partner il Movimento Federalista Europeo, sezione di Ferrara, l’UDI di Ferrara e il CFP di Cesta. È patrocinato dalla Provincia di Ferrara e da ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Scopo del progetto è quello di approfondire quanto i finanziamenti (fondi europei e in particolare PNRR e Fondi di Coesione), a sostegno dei progetti promossi, nella loro formulazione e attuazione, siano in prospettiva coerenti con le priorità trasversali, relative alle pari opportunità generazionali, di genere e territoriali.
Per ognuno dei tre ambiti sono pertanto condotti approfondimenti mirati, illustrati oltre che in questo convegno, anche in altri due convegni, previsti il 30 novembre sulle disuguaglianze di genere e il 12 dicembre sulle disuguaglianze generazionali. Il convegno sulle disuguaglianze territoriali del 10 novembre scorso è iniziato con la lettura di un brano di David Sassoli tratto dal libro “La saggezza e l’audacia”, a cui sono seguite la presentazione del progetto da parte di Cinzia Bracci, Presidente di CDS, e di Nadia Romeo, Presidente di CFP Cesta, che ha aperto e coordinato il dibattito, cui hanno partecipato Aurelio Bruzzo già afferente al Dipartimento di Economia e Management di UniFe, Gianni Michele Padovani Presidente della Provincia di Ferrara, Caterina Ferri per l’Assistenza tecnica Area Interna Basso Ferrarese, Lorenzo Zibordi per Confagricoltura di Ferrara e Maria Bugnoli Sindaca di Goro; in chiusura, dopo il coinvolgimento del pubblico presente, l’intervento conclusivo è stato di Guglielmo Bernabei del Movimento Federalista Europeo di Ferrara.
L’incipit della discussione è partito dal testo di David Sassoli che, riferendosi ai piani nazionali di ripresa che dovranno essere elaborati dai diversi governi (il brano è del maggio 2021), osserva che “il Piano europeo di ripresa contiene anche una dimensione sociale indispensabile, poiché permetterà di finanziare misure legate alla coesione sociale e territoriale, nonché misure a favore dei bambini e dei giovani” (p.203). Il tema della dispersione scolastica, in particolare nel Basso Ferrarese, è tra i problemi principali: i livelli di istruzione nell’Area Interna sono infatti molto bassi, con ben undici punti di differenza rispetto alla media provinciale per quanto riguarda la scolarizzazione della fascia di popolazione che arriva alla scuola media, e sette punti di differenza rispetto al dato provinciale per quanto riguarda l’istruzione superiore.
Il monitoraggio in tempo reale di come vengono utilizzati i fondi strutturali e il PNRR diventa quindi di importanza fondamentale rispetto ad un’analisi ex post che non permetterebbe di offrire spunti e suggerimenti per cambiare ciò che non va. Abbiamo ancora un biennio davanti, ma già ora le due politiche d’investimento più importanti, e cioè i fondi di coesione e il PNRR, appaiono inadeguate, almeno dai dati che si trovano nelle principali fonti di informazione che sono OpenCoesione (https://opencoesione.gov.it/it/) e il portale del PNRR della Regione Emilia-Romagna (https://pnrr.regione.emilia-romagna.it).
Il territorio in questione si caratterizza peraltro per indicatori demografici peggiori e più accentuati rispetto al resto della regione, per una minore incidenza di immigrati, per un’occupazione che è in decrescita salvo che in agricoltura, e per un minore valore aggiunto pro capite, con un peso maggiore dell’agricoltura e del settore terziario a minore produttività. Il Basso Ferrarese presenta un divario del 20% nel reddito pro capite accompagnato da un elevatissimo indice di vecchiaia e una minore densità demografica rispetto alla restante parte della provincia, anche per la ancor minore presenza di immigrati.
Eppure, fatta “1” la media regionale delle politiche di coesione 2014-2020, se Bologna è in testa nell’attribuzione delle risorse (1,5), Ferrara si colloca al di sopra della media (1,1) e la sua provincia gode di un 30% di risorse in più rispetto alla media regionale. Tuttavia, il tasso di realizzazione al 30 giugno 2023 (a sei mesi dalla rendicontazione finale) era del 58% per Ferrara e del 64% per Bologna: Ferrara si presenta infatti con 2.460 progetti, di cui il 32% conclusi, il 58% in corso, appena il 2% liquidato e il 9% che non sono stati neppure iniziati. Il rapporto tra pagamenti e finanziamenti delle risorse europee è inferiore al 32% e addirittura inferiore al 29% per quanto riguarda i pagamenti SNAI (Strategia Nazionale Aree Interne). Per quanto riguarda poi le risorse del PNRR, che sono più elevate rispetto ai fondi di coesione, l’89% è destinato al Basso Ferrarese contro il 103% del resto della provincia.
Male anche l’andamento del Focus Ferrara, con gravi carenze di organico che caratterizzano i Comuni non solo dell’Area Interna ma anche quelli vicini; le Conferenze Territoriali hanno individuato 9 aree con problematiche e sono tutti Comuni del Basso Ferrarese. Le Strategie territoriali integrate (STAMI 2023-2027) hanno messo in evidenza le interconnessioni materiali necessarie, a partire da interventi Anas sulla SS 16, la SS 309, la Ferrara-Mare, ma poi ci sono anche il completamento della stessa SS 16, la Cispadana, l’Idrovia, l’elettrificazione della linea Ferrara-Codigoro, la fibra ottica (Open Fiber).
Il PNRR, peraltro, compie l’errore di calcolare le “aree interne” in base alla distanza dai centri urbani, accade così che non solo le Aree Interne della SNAI non coincidono con quelle del PNRR, ma addirittura nel PNRR troviamo Cento fra le “aree interne”. Inoltre, la logica di partenza appare rovesciata: si parte dalle risorse disponibili e si va a vedere dove intervenire, e non viceversa; ma la riduzione delle disuguaglianze parte già al momento della scelta delle scuole superiori, una scelta che in molti territori appare obbligata verso certe scuole piuttosto che altre, per via della lontananza e degli insufficienti e spesso assenti servizi di trasporto pubblico. I progetti inoltre dovrebbero essere funzionali all’intera Area e non al singolo Comune, come troppo spesso accade (ad esempio, l’ex caserma di Mesola che diventerà “casa della musica” sarà attrattiva anche per cittadini che abitano fuori dal territorio di quel comune). E poi c’è il grande tema della valorizzazione del paesaggio, sia per fini turistici ma anche per la necessaria tutela naturalistica.
Il Basso Ferrarese, peraltro, era tra le aree pilota a livello nazionale della Strategia SNAI 2014-2020, e si è riscontrato a tale proposito come il portale OpenCoesione, pur essendo alimentato dai dati degli enti locali ogni due mesi, non è detto che sia aggiornato: ad oggi, infatti, il 90% degli interventi risultano attuati e il 70% della spesa effettuata, il livello di realizzazione dei progetti è quindi migliore di quello che appare in OpenCoesione. La Strategia 2021-2027 (in pratica 2023- 2027, approvata in ottobre dalla Regione Emilia-Romagna) evidenzia una trentina di progetti in
particolare del fondo FSE per il recupero di molti giovani che si sono trovati in difficoltà durante la pandemia da Covid-19; ma serve una strategia di livello nazionale che offra percorsi personalizzati per i ragazzi, spin off e patti educativi di comunità.
Anche gli obiettivi della politica agricola comune 23-27 (l’Ue stessa storicamente è nata come Comunità dei produttori agricoli) individuano aree svantaggiate, ed aree soggette a vincoli; anche in questo ambito occorre rafforzare il tessuto socio-economico delle zone rurale: un esempio in tal senso sono i GAL-Gruppi di azione locale.
Di grande interesse anche il Focus su Goro, che per abbandono scolastico è 5’ in Italia e 1’ in Emilia-Romagna, e, ciò nonostante, Goro ha il più alto tasso di occupazione fra i Comuni dell’Area Interna. La principale attività economica del territorio è infatti quella ittica, e per fare il pescatore non serve avere alcun titolo di studio, mentre sono necessari invece i titoli marittimi, che sono obbligatori e che ogni pescatore deve possedere: si determina così la situazione per cui Goro, con 3.450 abitanti, ha 1.300 pescatori che però quest’anno hanno incontrato enormi difficoltà nella loro attività principale e cioè la raccolta delle vongole in Sacca, a causa del granchio blu. Questi lavoratori sono privi di titoli di studio e non possono essere perciò riconvertiti in altre attività alternative alla pesca, essendo il diploma ormai necessario per fare qualsiasi lavoro che non sia quello, appunto, del pescatore.
Tra l’altro a Goro non ci sono scuole di istruzione superiore, bisogna andare a Codigoro che offre solo alcuni Istituti, e chi volesse frequentare altre scuole da Goro non può farlo perché mancano i mezzi di trasporto pubblico che consentano collegamenti con Ferrara o con Ravenna. Ciò nonostante, a Goro col PNRR verranno investiti 9,4 milioni di euro per le scuole, oltre ad altri 1,55 milioni per la cultura.
Il tema fondamentale risulta comunque essere quello dello spopolamento, che peraltro nella nostra provincia è sempre stato presente come problema negli ultimi trent’anni di storia. Ma mentre il rapporto fra anziani e giovani a livello regionale è 186 e per Ferrara e provincia è 260, nel Basso Ferrarese il rapporto sale a 350 con punte di 400, e continuando di questo passo viene meno la speranza di poter costruire un’“Italia micropolitana”. Il reddito medio pro capite nell’Area Interna è del 20% inferiore, e i territori fanno ormai sempre più fatica a tenere il passo rispetto alle evoluzioni internazionali di questi ultimi anni, dalla pandemia ai conflitti armati alle crisi energetiche. L’ABC della socialità di basa su tre elementi fondamentali: istruzione, servizi alla persona, lavoro.
Lo sviluppo rurale non è la stessa cosa della mera attività agricola, perché implica l’idea del paesaggio come infrastruttura. La recente unione delle Camere di Commercio di Ferrara e Ravenna è nel segno di creare opportunità, a partire dalla ZLS che è stata studiata partendo dal porto di Ravenna (23 chilometri di banchine, 16.000 dipendenti di indotto, 9 miliardi di export di cui però solo un terzo sulla provincia di Ferrara); ma anche qui in quest’area la ZLS ha solo Codigoro, inoltre non ci sono ancora i decreti attuativi, e soprattutto non ci sono ancora i fondi necessari per la sua realizzazione.
Esiste quindi un rischio reale di disarticolazione, bisogna coordinare le capacità amministrative dei Comuni, che ora soffrono a causa del blocco del turnover “1 a 4”, evitando allo stesso tempo i tanti progetti “tweet” slegati dallo sviluppo della comunità. Bisogna infine rompere la “trappola delle competenze” che è un grande limite allo sviluppo economico. In Unione europea vi è il Comitato Regioni e Autonomie Locali (Il Comitato delle regioni – Note tematiche sull’Unione europea del Parlamento Europeo), e l’auspicata prossima riforma dei Trattati dell’Unione dovrà porre al centro l’idea di una nuova Europa micropolitana.
La registrazione dell’evento è visibile sulla pagina Facebook di CDS al link: https://www.facebook.com/cdscultura/videos/279826091715992