Le domande accolte (circa il 70%) per il “Reddito di Cittadinanza” sono salite da 700mila del 30 aprile a 905mila di metà luglio. Su 1,4 milioni di domande sono state respinte 387mila e altre 104mila sono in “lavorazione”. Le domande accolte coinvolgono 2,2 milioni di persone, di cui 128mila sono Pensionati di Cittadinanza. Il 56% sono al Sud e isole (61% della spesa), 16% al Centro, 28% al Nord. L’importo medio mensile è 523 euro al Sud e 420 al Nord.
Le persone coinvolte saranno a fine 2019 probabilmente circa 2,3 milioni e le domande accolte circa un milione, il 25% in meno di quelle previste dal Governo nella relazione tecnica alla legge (1.248.000). Ciò comporta un risparmio di circa 1,4 miliardi di euro sui 5,6 miliardi stanziati nel 2019 e forse 2 miliardi nel 2020 (sui 7,1 stanziati). I percettori sono nel 91% Italiani, 6% immigrati extracomunitari e 3% europei.
Il 22% delle famiglie percepisce meno di 200 euro al mese, il 17% da 200 a 400 euro, il 29% da 400 a 600 euro, il 32% oltre 600 euro (ma ci sono anche nuclei di 2, 3, 4, 5 e 6 persone).
In Emilia-R. le persone coinvolte sono 73mila e in provincia di Ferrara 6.078 (2.460 le famiglie per un importo medio mensile di 442 euro e 503 Pensioni di Cittadinanza per 402 euro al mese). Ciò significa che, stando ai dati del Reddito di Cittadinanza (che in realtà è un’indennità a favore dei poveri), i veri poveri sarebbero solo 1,7% della popolazione ferrarese, cioè un terzo di quanto si pensava stando alle dichiarazioni fatte dai cittadini nelle indagini Istat. Un tema che sarà opportuno approfondire anche a livello nazionale in quanto secondo Istat i poveri “relativi” (coloro che guadagnano la metà della media) sarebbero circa 5 milioni (di cui 3,5 Italiani e 1,5 stranieri immigrati). Il provvedimento avrebbe coinvolto circa il 60% degli Italiani, ma pochissimi stranieri in quanto sono stati esclusi gli immigrati con meno di 10 anni di residenza (che sono i più poveri). L’Inps ha avviato alcune azioni (almeno nelle grandi città) per individuare proprio i più poveri (italiani) che non sono certo in grado di ottenere il “pin” dall’Inps. A Roma per esempio su 17mila homeless solo mille hanno fatto la domanda.
Il REI (Reddito di Inclusione) aveva coinvolto 1,4 milioni di persone con un assegno mensile medio di 293 euro. Il Reddito di Cittadinanza ha accresciuto i percettori e l’assegno medio (salito a 489 euro). Tuttavia il REI aveva un aspetto positivo che andrebbe recuperato: chi trovava un lavoro manteneva per un certo periodo il 60% dell’indennità (circa 200 euro), ora invece si perde l’intero ammontare (circa 500 euro) e ciò favorisce la rinuncia a dei lavori o lavoretti che sono poi fondamentali per avviarsi verso l’uscita dalla povertà (che è il vero obiettivo).
Misure consistenti contro la povertà devono esserci in un Paese civile (e questo è il merito del RdC), ma l’Ocse suggerisce che il sussidio monetario abbia una certa proporzione rispetto al salario medio del Paese, per evitare che diventi un disincentivo al lavoro. Per esempio in Germania il sussidio monetario (tra i più generosi nel mondo) è al massimo di 420 euro mensili (un quarto del salario medio). Se adottassimo il generoso sussidio tedesco in Italia il massimo sarebbe attorno ai 300-400 euro che dovrebbe poi (a mio avviso) essere differenziato in base al costo della vita nelle varie regioni e tra città e periferia, essendo molto forti (anche 40%) i differenziali in Italia. Vi potrebbero poi essere sussidi non solo monetari per speciali necessità: affitto, libri scolastici per i figli, formazione, salute,…
Azioni che possono fare meglio i Comuni (più dell’Inps), i quali potranno avvalersi delle associazioni non profit locali (religiose e laiche) che meglio conoscono le vere condizioni dei loro poveri. A Ferrara per esempio l’esperienza del “Mantello” ha dimostrato che il 70% dei poveri, se ben seguito, può uscire dalla povertà in 18 mesi.
Le misure di contrasto alla povertà devono basarsi, infatti, oltre che su personale dedicato e professionale (e dell’aiuto delle associazioni locali), su interventi multilivello che tengano conto delle diverse condizioni (dalla donna sola disoccupata con figli, all’anziano disabile single,…). La complessità delle condizioni implica un personale pubblico (ma anche non profit e privato) appositamente dedicato, che è diverso dal personale che deve trovare lavoro a chi è disoccupato.
L’obiettivo del Reddito di Cittadinanza non era solo “alleviare” la sofferenza dei poveri (in società sempre più diseguali), ma dare un lavoro (“non dare un pesce ma insegnare a pescare”): un obiettivo molto ambizioso in un Paese che non riesce a darlo ai 3 milioni di disoccupati e che non ha mai avuto efficaci politiche di transizione al lavoro neppure per i giovani diplomati e laureati.
Proprio questa “sfida” potrebbe però finalmente avviare a soluzione il problema principale dell’Italia: la transizione al lavoro dei giovani e la crescita della produttività del lavoro. Ciò implica però un’impostazione diversa della gestione di quella fascia che cerca lavoro (pare sia solo il 20%). Si tratta di andare oltre il potenziamento (pure necessario) del personale che si occupa di trovare il lavoro (con 3-6mila navigator), in aggiunta a quanto già fanno i Servizi pubblici per l’Impiego, cambiando le procedure attuali (come abbiamo ampiamente spiegato nell’Annuario 2019) dei Servizi per l’Impiego, in modo che le imprese (che cercano lavoratori) siano messe direttamente a confronto con chi cerca lavoro, chiedendo al personale pubblico di svolgere una funzione di “accompagnamento” specializzato. In tal senso occorre formare gli stessi navigator, creare squadre di lavoro, dare obiettivi per provincia realistici e soprattutto innovare l’attuale funzione di come avviene l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
L’Università di Ferrara svolge da 18 anni una buona pratica in questa ambito per i propri laureati-laureandi ed ha potuto verificare che con diverse procedure si aumentano del 30-40% le opportunità di trovare lavoro.
Il Reddito di Cittadinanza potrebbe così diventare non solo il modo con cui si trova lavoro ai poveri, ma avviare una sperimentazione capace di rendere efficaci i nostri Servizi pubblici per l’Impiego per tutti i disoccupati, che potranno dotarsi di fornitori anche privati individuano obiettivi per singole aree (e relativi incentivi) differenziati in base alle difficoltà di trovare lavoro (Milano non è Palermo).
(l’immagine è tratta da: www.cittadarte.emilia-romagna.it)