Arrivo a Jolanda di Savoia percorrendo la strada da Tresigallo; strada dritta, con una sola curva, quasi ad angolo retto, in mezzo a campi ben disegnati, squadrati. Le strade della bonifica sono dritte: non hanno le tortuosità delle terre emerse, costruite su sentieri antichi che collegavano piccole case disperse e carraie rispettose delle piccole proprietà contadine.
Una bandiera della Coldiretti lungo la strada; ma l’iniziativa non è organizzata dalla CEI? Sì, ma non si perde l’abitudine primordiale di marcare il territorio.
La prima volta a Jolanda di Savoia, ormai più di 40 anni fa, in una afosa giornata di agosto. Ancora abituata ai paesaggi verdi, rigogliosi della mia Romagna, dove ogni giardino è una piccola foresta amazzonica, perché il bello del giardinaggio è lo scambio delle sementi, delle piantine tra vicine e parenti…e si trova sempre un fazzoletto di terra per piantare quella piantina che poi cresce e fa foresta. La mia meraviglia percorrendo quella “Gran Linea” che poi avrei meglio conosciuto: campi senza siepi, case spoglie senza alberi a proteggerle dal sole e ripararle dai venti. E poi Jolanda: una strada larghissima, case basse e squadrate e il sole a picco. “Ma siamo in Texas?”ho chiesto al mio compagno di viaggio. Dopo tanti anni a Ferrara il mio caro amico Marco Bondesan mi regala il libro da lui scritto “Iolanda di Jolanda” ricordi di lui bambino sfollato durante la guerra, emi dice “Jolanda e Tresigallo riportano ai quadri metafisici di De Chirico”.
Immersa in questi pensieri perdo l’ingresso dell’Auditorium (e sì che le bandiere lo “segnano” prepotentemente); ma a Jolanda non è un problema fare inversione di marcia. Torno indietro, parcheggio; nell’atrio seguo le procedure di accoglienza e sicurezza poi entro nella sala. Bella, elegante e funzionale. Trovo subito un amico; un saluto, quattro chiacchiere e comincia il convegno.
Io ed alcuni altri siamo a questo convegno per “sostenere” il CUM; un tifo muto, quasi di testimonianza. Quando abbiamo saputo di questa iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana, organizzata dall’Arcidiocesi di Ferrara e Comacchio “Vivere in questo mondo, con sobrietà, con giustizia e con pietà – per nuovi stili di vita” fatta a Bonifiche Ferraresi,con il racconto di due esperienze culturalmente, se non eticamente, così diverse quali Bonifiche Ferraresi e Consorzio Uomini di Massenzatica,” Golia e Davide” del Basso Ferrarese, ci siamo detti “che ci azzecca?!”.
Si comincia col saluto del Presidente di Coldiretti Emilia-Romagna. Ma la Coldiretti non era l’Associazione di Rappresentanza dei piccoli coltivatori? Feudo democristiano quando il mondo era “semplice”: il voto, la scelta del partito, determinava da chi farsi rappresentare nel lavoro, nell’attività imprenditoriale, nel tempo libero, nel volontariato, ecc. Tutto era moltiplicato per due o per tre. Oggi non c’è più “quel” senso di appartenenza politica e tutto è più indistinto.
Dopo il saluto, il Professor Zamagni cattura l’attenzione di tutti; il suo intervento “La necessità di stili di vita rinnovati, per un’ecologia integrale” merita un articolo a parte.
Poi la Professoressa Silvia Zanconato, biblista: una dotta lezione sul creato, svolta con passo lento, quasi cantilenante, avvolgente. Non provo a riassumerla: non ne sono all’altezza. Semplifico quello che per me, per “come sono”, è il passaggio fondamentale: Dio nella Genesi crea l’uomo il sesto giorno, il medesimo della creazione degli animali. E all’uomo affida la cura del creato, non la proprietà; a Noè affiderà poi la salvezza degli animali e Noè li ha nutriti e accuditi.
Poi Atenagora Fasiolo, della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e di Malta. Dopo pochi minuti mi perdo tra le numerose “chiese ortodosse autocefale e autonome”, i vari patriarchi e i continui richiami ai testi dei loro concilii.. Io conosco solo un ortodosso: non crede alla teoria dell’evoluzione perché la Bibbia dice che Dio ha creato l’uomo il sesto giorno; tra noi nessun dialogo è possibile.
Non c’è l’Amministratore delegato di Bonifiche Ferraresi; nessun problema: il “sempresullacrestadell’onda” Cavalier Bruni lo sostituisce. (Cavalier Bruni: il suo nome è “Cavalier”? Forse gli hanno modificato anche il Codice Fiscale: BRN CVL…). Come sempre impeccabile, solo il ciuffo dei capelli candidi fuori posto (ma neanche questo è a caso); a suo agio nel ruolo di “padrone di casa” e di portavoce dell’azienda agricola più grande d’Italia. 8.000 ettari in tre siti: a Ferrara, in Toscana e in Sardegna; 500 dipendenti di cui 100 giovani. Copre tutta la filiera agroalimentare industriale; “dal seme allo scaffale” (correggo io: al pallet; lo scaffale è ancora più o meno saldamente in mano alla grande distribuzione o al negoziante del paese). Agricoltura di precisione, con i satelliti, i droni e l’elettronica che segnalano quando, dove e come intervenire, nuove sentinelle a difesa dei costi aziendali, dell’ambiente e del consumatore e quindi, eccolo, del Creato.
Poi arriva il turno di Carlo Ragazzi, Presidente del Consorzio Uomini di Massenzatica (lui non aveva altri impegni). Riservato, come sempre un po’ emozionato e con le slide: tutto l’intervento svolto stando di traverso al leggio, col braccio teso verso il fondo della sala per gestire col telecomando il cambio delle immagini (poi comandato con un perentorio “avanti”), lo sguardo rivolto un po’allo schermo e un po’ a metà sala, perché all’altra metà volta le spalle. Mai visto fare un intervento in questo assetto!
CUM: 350 ettari di proprietà collettiva, che risale ai Benedettini di Pomposa, 600 famiglie e 1.600 anime (le definisce così sempre), Premio nazionale del Paesaggio con progetto “Tra terra e acqua: un altro modo di possedere” primo di 138 partecipanti, Menzione speciale del Consiglio di Europa, “Fonte di ispirazione per la Comunità Europea “unico tra 28 partecipanti con finanziamento privato. “Terre di sabbia, campioni di paesaggio”cosìgli studenti del Carducci. Ricerca genetica, collegamenti con più Università, giornate di lavoro soprattutto per le donne e investimento degli utili sulla collettività per farla crescere. Terra da conquistare e mantenere ogni giorno, barriera al cuneo salino che risale nel Delta, spazio identitario da valorizzare.
Chiude Monsignor Gian Carlo Perego: parole impegnative dell’Arcivescovo di Ferrara – Comacchio e Abate di Pomposa; frasi di circostanza dell’organizzatore.
Uscendo saluto molti amici, qualche commento; non salgo sul pullman che porta ad una visita all’azienda e, mentre torno a casa, penso ai commenti del signore seduto dietro di me (tra un “aldamar” e un “at capì”..) e al suo dubbio “teologico”espresso ovviamente in dialetto che io non so trascrivere: “ma dobbiamo tenerci anche le zanzare e le cimici? “. Concretezza contadina dopo tante parole colte.