Sono passati trenta anni da quando un giovane prete, Don Domenico Bedin, avviò nel quartiere di Viale Krasnodar un’avventura a sostegno degli emarginati, gli “ultimi” anche quelli “non buoni”, come si usa dire facendo riferimento a quelli che hanno storie e danno problemi.
Nell’Annuario socio economico ferrarese del 2019, in larga parte dedicato al fenomeno delle disuguaglianze e della pvertà, riportammo una scheda sull’Associazione Viale K che in particolare riportava: “ L’Associazione si rivolge a persone che versano i situazione di povertà estrema e a rischio di emarginazione sociale attraverso interventi di accoglienza e di tutela, nello specifico si svolgono colloqui presso il Centro di ascolto che valuta ogni singola situazione, successivamente si elaborano progetti di inserimento sociale in collaborazione con i Servizi del territorio”
Ora ci piace riportare un bell’articolo di Cecilia Gallotta, pubblicato in questi giorni, da Estense.com, sui trent’anni dell’Associazione Viale K.
“Trent’anni di Viale K, ma io non sono l’eroe di questa storia”
Un’esperienza da 100mila pasti e 10mila persone accolte.
Don Bedin: “Anni ruvidi e duri, ma ne è valsa la pena”, di Cecilia Gallotta (Estense.com)
Sono passati trent’anni da quando un giovane parroco di viale Krasnodar rivoluzionò per sempre la situazione sociale del suo quartiere. E da allora, il nome di don Domenico Bedin, così come quello dell’associazione Viale K, è legato indissolubilmente alla parola ‘accoglienza’.
“Ma io non sono l’eroe di questa storia” esordisce peccando di modestia, perché ad oggi i numeri di Viale K contano 10mila persone accolte, oltre 100mila pasti, 10 sedi e 172 volontari. “La nostra associazione deve i suoi risultati alle migliaia di persone che hanno creduto nel progetto, e hanno posto ognuno un mattoncino per consentirne la costruzione”.
Leggi l’articolo integrale al link: https://www.estense.com/?p=969356