Prime valutazioni su Quota 100: turnover limitato rispetto le previsioni del Governo e occupazione dequalificata
di Sergio Foschi e Andrea Gandini
L’Inps comunica che sono 165mila le domande inviate al 30 luglio 2019 per la cosiddetta quota 100 (la possibilità di uscita anticipata dal lavoro con 62 anni di età e 38 di contributi) di cui 122mila presentate da uomini (circa il 74 %) e 43mila da donne (circa il 26%), oltre 60mila da lavoratori dipendenti, di cui 53mila iscritti alla gestione pubblica.
Le stime del Governo indicano ora 200mila uscite per il 2019 rispetto alle 300mila previste a inizio anno e ciò comporterà fra l’altro un risparmio di circa 1,081 miliardi di euro per Inps rispetto alle previsioni, mentre per l’Ufficio di Bilancio parlamentare sarà superiore e la spesa sarà nel 2019 sui 4,6 miliardi.
Non solo il provvedimento risulta meno apprezzato di quanto si pensasse ma la distribuzione di tale provvedimento si dimostra inefficace così come l’effetto complessivo sull’occupazione.
Il Governo aveva dichiarato che ci sarebbe stato con la Quota 100 un enorme ingresso di giovani al lavoro (il vice ministro Luigi Di Maio ipotizzava addirittura una entrata di tre giovani lavoratori per ogni anziano in uscita) ma secondo la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro il tasso di turnover complessivo dovrebbe essere pari al 37%, ossia a fronte di 200mila uscite uscite dovrebbero esserci circa 70mila ingressi di giovani under 35.
I settori dove sono previste le maggiori assunzioni sono: commercio, attività immobiliari, alberghi e ristoranti, servizi, mentre limitati effetti ci sarebbero nell’industria e agricoltura, e addirittura, a causa dell’elevata richiesta di pensionamenti nella pubblica amministrazione, scuola, sanità, ecc. ci sarebbe in tali settori carenza di personale, in quanto la spesa pubblica non può ora anche estendersi alle assunzioni.
Si conferma quanto gli studi prevedevano: che la sostituibilità tra pensionati e giovani novizi alla prima esperienza lavorativa è strettamente correlata alla professione e al settore economico e quindi, politiche di pensionamento anticipato non si traducono automaticamente in maggiori possibilità di occupazione giovanile, “specie in un mercato del lavoro rigido e poco flessibile come quello italiano».
Dalle elaborazioni emerge che, purtroppo, sta avvenendo la situazione peggiore: per i lavori poco qualificati il ricambio occupazionale è abbastanza agevole, mentre per le professioni più qualificate l’uscita anticipata dei senior non favorisce l’ingresso dei giovani, ossia tali mansioni in parte non vengono ricoperte da nessuno.
L’indagine mostra infatti che solo una minima parte dei posti ricoperti dai pensionati aventi mansioni qualificate viene occupato da giovani, ottenendo in tale modo una occupazione ancora più dequalificata dell’attuale, ossia non solo si riducono i posti di lavoro ma si ha addirittura lavoro meno qualificato.
Nelle “macro professioni” più qualificate, cioè imprenditori e alta dirigenza il deficit di posizioni nei prossimi 2 anni sarà di -48mila posti, tra le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione sarà di altri -48mila posti, tra gli impiegati di -27mila posti, tra i conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili e conducenti di veicoli di -45mila posti. I posti che restano vuoti saranno coperti o da adulti con esperienza, oppure non saranno sostituiti affatto. In sostanza enormi difficoltà all’ingresso per i giovani diplomati e laureati.
Tra le professioni, invece, dove si registra il maggiore ricambio occupazionale ci sono quelle che riguardano attività commerciali e servizi con +358mila posti, in quanto un barista o commesso può essere sostituito con un lavoratore giovane che costa meno.
Riassumendo si ha la chiara indicazione che il provvedimento di Quota 100 amplifica così le opportunità di lavoro per le professioni meno qualificate (cuochi, camerieri, cassieri, venditori, addetti alla vigilanza, ecc.) contribuendo a deprimere la già bassa produttività del lavoro italiano ed inoltre il provvedimento dell’anticipo pensionistico, essendo molto costoso per lo Stato, aggrava il già pesante deficit tra pensioni erogate in Italia e contributi pensionistici di chi lavora (un peso che ricadrà sui futuri lavoratori).
Come abbiamo ampiamente scritto in passato misure molto più efficaci per le imprese e per l’occupazione dei giovani sarebbero quelle che fanno riferimento alla “staffetta senior-junior”, cioè incentivare le imprese a fare in modo che una parte dei senior prenda il part-time negli ultimi 3 anni in modo da inserire nuovi giovani, trasmettere le conoscenze e, nello stesso tempo, non smantellare di colpo la professionalità nelle imprese.
La professionalità nelle imprese è detenuta soprattutto dai senior, i quali con il loro part-time sarebbero in grado di continuare a presidiare la parte più qualificata del loro lavoro e allo stesso tempo trasmettere le competenze ai giovani … ma si tratta di politiche raffinate conosciute bene da chi ha lavorato molti anni in azienda e soprattutto male si conciliano con gli slogan elettorali.
La ricerca mostra inoltre altre informazioni peraltro già note, ossia il minor livello d’istruzione dei lavoratori anziani in uscita dal lavoro, nettamente inferiore a quello dei giovani alla prima esperienza di lavoro: oltre metà dei pensionati ha conseguito al massimo la licenza media, il 34% è diplomato e solo il 15% è laureato; la quota di laureati tra i giovani è del 27%, il 53% è diplomato e solo il 20% ha conseguito al massimo la licenza media.
(l’immagine è tratta da:www.cittadarte.emilia-romagna.it)