Andrea Gandini ha più volte suggerito (1) come in questa fase di emergenza sanitaria possa rivelarsi una buona pratica quella di aprire le scuole all’aperto, utilizzando parchi e giardini per svolgere lezioni che spesso obbligano invece i ragazzi ad apprendere in spazi troppo angusti. E non sono solo per le scuole: recenti misure hanno previsto, ad esempio, che possano svolgersi all’esterno anche le funzioni religiose qualora i luoghi di culto non fossero idonei (2). Ma non sono solo le scuole e le chiese che potrebbero essere interessate da iniziative di questo genere, perché la gran parte dei centri urbani ha luoghi all’aperto che si potrebbero prestare molto bene (3) per lo svolgimento di iniziative culturali che, fino a qualche mese fa, venivano organizzate rigorosamente all’interno di edifici come musei, teatri ed altre sale in luoghi pubblici e privati.
La riscoperta delle piazze cittadine non è, peraltro, un fatto nuovo: a Ferrara eravamo abituati, col Festival di Internazionale, ad ascoltare relatori che parlavano anche all’aperto, in particolare all’interno del chiostro dell’ex convento attiguo alla Chiesa di San Paolo, piuttosto che nella più ampia Piazza del Municipio. Altre manifestazioni si svolgevano integralmente all’aperto, come il Buskers Festival o come la rassegna cinematografica al Parco Pareschi. Si tratterebbe di recuperare questi ed altri luoghi, fra cui in particolare la splendida Piazza Ariostea, per tenere lì quelle iniziative culturali che la città offriva in grande quantità e qualità, ma sempre in luoghi chiusi. Pensiamo, per esempio, al calendario delle iniziative della Biblioteca Ariostea, che si tenevano all’interno della Sala Agnelli e che sono state tutte annullate a seguito dell’emergenza sanitaria: perché aspettare l’autunno e non far ripartire invece le iniziative dell’Ariostea durante l’estate, ma non al chiuso delle sue sale bensì negli spazi aperti di Piazza Ariostea? Far fare il grande salto, dalla biblioteca alla piazza, dell’Ariostea potrebbe avere anche rilevanti effetti che vanno ben al di là dell’attuale emergenza sanitaria: lo svolgimento all’aperto delle iniziative culturali potrebbe avere sviluppi interessanti in termini di partecipazione di pubblico, perché renderebbe visibili attività prima confinate nel chiuso degli edifici, permetterebbe più facilmente l’avvicinamento alla cultura di persone che, viceversa, non si recherebbero di loro iniziativa all’interno dei locali delle biblioteche o delle altre sale della città. Tutti, o quasi tutti, passano per Piazza Ariostea, come non accorgersi della frequenza di iniziative culturali all’aperto in quel contesto pubblico? Sarebbe la rivincita dell’agorà, quella che, non dimentichiamolo, ha permesso le fondamentali esperienze storiche di partecipazione collettiva e di democrazia. Il ritorno nelle piazze della cultura potrebbe non essere più solo un fatto contingente, emergenziale, ma diventare un vero e proprio modus operandi, un rendere continuative – per tutto l’anno – esperienze all’aperto come quelle già sperimentate del Festival di Internazionale a Ferrara piuttosto che del Festival della Filosofia a Modena. Non ne gioverebbe solo la cultura, ma anche la stessa libertà degli individui perché, come cantava Giorgio Gaber, “libertà è partecipazione”.
(1) Andrea Gandini, Se la scuola si sposta in giardino, La Voce.it
Andrea Gandini, Come riformare le scuole facendo di necessità virtù, Nuovi Lavori
Andrea Gandini, Le scuole all’aperto in Italia: ritorno al futuro, Blog di Madrugada
(2) Protocollo con la Conferenza Episcopale Italiana circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo