È stata presentata nella sala stampa della Camera dei Deputati la Carta dei Beni Pubblici Europei, o Charta 2020. L’idea della Carta è che i fondamenti dell’unità europea non siano unicamente i diritti individuali e i trattati firmati da Stati pur governati in modo democratico, ma siano anche taluni beni pubblici, che sono tali perché disponibili per tutti, cioè non esclusivi e non rivali. In questo senso, Charta 2020 intende contrapporsi tanto all’idea di un’Europa imposta dall’alto da tecnocrati, quanto all’idea etno-nazionalista che vuole ancor più sovranità in capo ai singoli Stati. Esiste invece, secondo gli autori di questo documento, uno spazio politico europeo che deve essere occupato dai veri attori politici europei, che sono le cittadine e i cittadini.
Charta 2020 individua pertanto venti beni pubblici europei, che riunisce in cinque sezioni principali.
La prima sezione è quella dello spazio politico europeo, che comprende la stessa Europa politica come bene pubblico, la cittadinanza europea, la democrazia europea, la pace e il diritto di ospitalità; in questa categoria troviamo la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, l’idea di una democrazia che sia rappresentativa ma anche partecipativa e deliberativa, la promozione della solidarietà e della responsabilità, l’idea di un passaporto umanitario internazionale.
La seconda sezione della Carta si occupa della migrazione, i beni pubblici fondamentali sono qui la libertà di movimento, la responsabilità condivisa dell’accoglienza e dei salvataggi in mare, un sistema europeo comune di asilo, la cooperazione Nord-Sud.
La terza sezione si occupa di economia, con lo Statuto europeo dei lavoratori, servizi universali di base che sradichino la povertà, che ancora oggi affligge 118 milioni di persone dentro l’UE, un massiccio programma di investimenti verdi che abbia il doppio obiettivo di far uscire dall’austerità tutte le economie europee, e nel contempo di orientarle verso una transizione ecologica, un’Autorità per la Giustizia Fiscale che elimini i paradisi fiscali tuttora esistenti dentro l’UE.
La quarta sezione si occupa di cultura: cultura digitale, educazione, eredità culturale (“Lo spirito dell’eredità europea è la diversità”), emancipazione ed autonomia. La quinta sezione, infine, si occupa di ambiente, vale a dire per eguali diritti non solo per gli esseri umani ma estesi anche agli altri esseri viventi, reindirizzare le sovvenzioni verso l’agricoltura biologica, un consumo responsabile anche attraverso l’economia circolare, la lotta contro le disuguaglianze e per l’accesso alle risorse, anche qui orientando i sistemi produttivi verso una economia ecologica.
Charta 2020 è un’iniziativa promossa dell’associazione Agora Europa ed è stata presentata per la prima volta al Parlamento Europeo il venti marzo scorso; è un documento che vuole essere, nelle parole degli autori, “una nuova cornice di discussione per elaborare e proporre una nuova agenda per l’UE nel prossimo decennio”. Fra i coordinatori del manifesto sono numerosi gli italiani, fra cui Nadia Urbinati, Caterina di Fazio, Lorenzo Marsili, Elena Pulcini.
Un osservatore esterno non può non ricordare l’esperienza storica di Charta 77, la più importante manifestazione di dissenso nella Cecoslovacchia della Cortina di Ferro: in un’epoca come la nostra, in cui la voce mainstream rischia di diventare quella del nazionalismo e del sovranismo, Charta 2020 può essere una voce importante e autorevole del dissenso intellettuale, che chiede maggiore Europa e non il ritorno agli Stati nazionali, un’Europa che però non può essere tecnocratica ma che va fondata sui principi della democrazia rappresentativa, partecipativa e deliberativa.
< La conferenza stampa di presentazione alla Camera dei Deputati >