Premessa
In occasione dell’ultima riunione del Comitato di Sorveglianza del POR FESR dell’Emilia-Romagna, svoltosi all’inizio dell’estate, è stato presentato lo stato di attuazione di tale Programma per l’anno 2018, con cui si sta realizzando in questa regione la politica di coesione economica, sociale e territoriale dell’UE per il settennio 2014-2020 ormai in fase di conclusione.
In sede introduttiva, l’Assessore regionale alle attività produttive (nonché a piano energetico, economia verde e ricostruzione post-sisma) ha sottolineato come l’avanzamento fisico e finanziario del POR-FESR appaia assolutamente positivo in termini sia di programmazione che di attuazione delle linee di intervento. Infatti, oltre il 90% delle risorse disponibili è stato già destinato ai circa 3.000 progetti presentati da imprese ed enti pubblici, generando un investimento complessivo di circa 813 milioni di euro. L’Assessore ha evidenziato con grande soddisfazione come in termini di certificazione di spesa siano stati raggiunti i target previsti non solo per la fine del 2018, ma anche quelli relativi al 2019, cioè di fatto con un anno di anticipo rispetto ai tempi inizialmente previsti.
Dal canto suo, il Direttore generale delle Attività produttive, Commercio e Turismo della Regione Emilia-Romagna ha presentato lo stato di attuazione del POR-FESR risultante al giugno 2019, i cui dati evidenziano uno stanziamento pari a 480 milioni di euro, contando anche su una quota di overbooking attivata con risorse regionali, tanto che la quasi totalità delle risorse disponibili sono già state attribuite alle diverse azioni individuate in sede di programmazione iniziale.
Il costo totale dei progetti risulta pari a 749 milioni di euro, per i quali sono stati impegnati 354 milioni. Di questi impegni, a loro volta, sono stati pagati 184 milioni, mentre la certificazione di spesa alla Commissione europea mostra un avanzamento complessivo particolarmente significativo.
Per quanto riguarda l’avanzamento dei singoli assi in cui si articola il POR, lo stesso Direttore generale ha dato conto dei risultati ottenuti in termini di risorse stanziate, contributi concessi e operazioni approvate, evidenziandone l’ottima performance.
Anche il Rappresentante della Commissione europea in seno al Comitato ha sottolineato la solidità della relazione annuale di attuazione, i cui dati alla fine del 2018 evidenziano come il notevole lavoro svolto dagli Uffici della Giunta abbia portato la Regione Emilia-Romagna al primo posto tra le Regioni italiane in termini di tasso di selezione di progetti e di spesa dichiarata ai beneficiari. Per quanto riguarda invece lo stato di attuazione del programma è stato espresso un giudizio molto soddisfacente, sottolineando l’ottimo lavoro svolto sia dall’Amministrazione regionale che dall’Autorità di gestione.
Alla luce di ciò si potrebbe affermare che la conduzione della politica di coesione nella nostra Regione abbia portato ad una sua esecuzione del tutto ottimale e che, pertanto, il periodo di programmazione 2014-2020 si possa puntualmente concludere, entro la scadenza prevista, senza imbattersi nelle difficoltà sofferte da buona parte delle altre Amministrazioni regionali, le quali – in base ai risultati ufficiali diffusi all’inizio d’anno dall’Agenzia per la Coesione Territoriale – appaiono invece procedere molto più stentatamente, tanto che alcune di esse non sono riuscite ad assumere in tempo utile tutti gli impegni previsti dai rispettivi Programmi.
Pertanto, tutto bene? Ci si può ritenere pienamente soddisfatti?
A queste domande si pensa di poter rispondere in modo positivo se ci si limita a considerare gli aspetti strettamente finanziari dell’attuazione della politica di coesione europea, senza considerare i suoi risvolti sul piano reale, cioè quelli socio-economici che si manifestano concretamente e dei quali ci si può occupare se si considerano altre fonti ufficiali di documentazione statistica. Se si prendono in esame i dati socio-economici, infatti, tende ad apparire una situazione che stride notevolmente con il compiacimento espresso dagli esponenti regionali e comunitari.
Pertanto, in questa sede si ritiene opportuno esporre e commentare brevemente i dati relativi ai principali indicatori mediante i quali è possibile presentare in termini estremamente sintetici l’effettiva situazione socio-economica rilevabile in ambito locale, consapevoli del fatto che il tema qui affrontato è così ampio ed impegnativo che richiederebbe un’indagine molto più approfondita.
La situazione socio-demografica dell’Emilia-Romagna
In base ai dati diffusi dalla Camera di Commercio di Ferrara in occasione dell’ultima riunione del suo Osservatorio dell’Economia, l’andamento della popolazione residente in Emilia-Romagna fatto registrare nella parte del nuovo secolo finora trascorsa appare quello tipico di una regione “matura”. Infatti, dopo una fase di crescita certamente non trascurabile e dopo il consueto scompenso statistico prodotto dalla rilevazione censuaria effettuata nel 2011, negli anni più recenti il totale della popolazione si mantiene stabile intorno ai 4,4 milioni di abitanti (Grafico 1).
Come ci si può facilmente immaginare, però, questo dato aggregato non risulta uniforme se lo si scompone dal punto di vista territoriale. Prendendo in considerazione due sole province a titolo meramente esemplificativo – ma certamente in modo assolutamente non casuale anche perché esse sono tra loro confinanti – ci si può facilmente accorgere che in provincia di Bologna l’ammontare della popolazione risulta crescente pressoché costantemente (Grafico 2), mentre invece quello della provincia di Ferrara a partire dal 2010 ha drasticamente invertito il suo trend precedente, tornando di fatto ai livelli fatti registrare all’inizio del nuovo millennio (Grafico 3).
Senza entrare nel merito della ricerca dei motivi di tale netta contrapposizione, per non dover condurre in questa sede un’analisi mediante la quale poterli individuare, qui ci si limita a sottolineare come all’interno dell’Emilia-Romagna ci siano situazioni nettamente contrapposte per una variabile sociale molto significativa e rilevante com’è quella della popolazione residente, tanto da far risultare il valore regionale inizialmente illustrato di fatto privo di qualsiasi valore.
Altre due variabili sociali strettamente connesse a quella della popolazione e certamente molto importanti anche nell’attuale fase temporale sono quelle, attinenti al mercato del lavoro, dell’occupazione e della disoccupazione (Grafico 4).
Sebbene in questo caso si consideri un periodo temporale più breve (ma comunque pressoché coincidente con il settennio di programmazione della politica di coesione) e ci si limiti ad effettuare un confronto tra il valore medio regionale e quello della sola provincia di Ferrara, si ottiene una conferma della preoccupazione fatta sorgere dall’andamento della popolazione. Infatti, a livello regionale – dopo il 2013 in cui sì è constatata l’ultima forte contrazione – l’occupazione ha evidenziato un andamento alterno, ma comunque positivo. Invece, in provincia di Ferrara l’andamento dell’occupazione – oltre a collocarsi su livelli più lineari – già negli ultimi due anni risulta di nuovo negativo.
Ancora più preoccupanti sono il livello e l’andamento della disoccupazione in provincia di Ferrara: mentre in Emilia-Romagna il tasso di disoccupazione – oltre a risultare nettamente inferiore a quello nazionale – mostra un andamento lentamente declinante, nella parte più orientale della regione rimane su livelli decisamente più elevati, con uno scarto di circa il 50% rispetto al dato regionale (9,1% rispetto al 6% circa).
Infine, si prende in considerazione il parametro che viene solitamente ritenuto uno degli indici più significativi circa il livello di sviluppo economico di un’area territoriale, cioè il valore aggiunto pro capite, per il quale – grazie alle stime effettuate dall’Istituto di ricerca G. Tagliacarne – si dispone dell’intera serie storica dall’inizio del nuovo secolo/millennio praticamente fino ad oggi.
Ebbene, dal grafico 5 emerge chiaramente come:
i) in provincia di Ferrara tale indicatore, sebbene negli ultimi anni manifesti un andamento crescente, alla fine del periodo considerato assume valori ancora inferiori rispetto sia alla media nazionale, sia e ancor più nettamente rispetto a quella regionale;
ii) il valore pro capite del V.A. di Ferrara, inoltre, tende ad evidenziare uno scostamento – in negativo – rispetto al corrispondente valore regionale addirittura più accentuato rispetto a quello di 15 anni prima, sebbene in tutte le altre province sia presente anche una porzione di territorio appenninico e, perciò, morfologicamente svantaggiato rispetto alla provincia ferrarese, che è interamente pianeggiante. Più precisamente, il valore della variabile in esame manifesta una tendenza del tutto analoga a quella più generale evidenziata dalla regione cui tale realtà appartiene, ma dopo aver subìto un maggior arretramento in seguito alla grande recessione internazionale (mentre il sisma del 2012 non sembra aver influito in misura particolarmente rilevante).
Anche questi aspetti, sia per la loro rilevanza sia per le loro possibili implicazioni di politica economica, andrebbero esaminati in modo molto più approfondito, soprattutto al fine di coglierne i fattori causali, i quali presumibilmente risiedono in buona parte all’interno dello stesso territorio provinciale, ma anche in qualche misura al suo esterno, vale a dire nel resto del mondo e della regione, la quale d’altro canto – non va assolutamente dimenticato – è una delle più sviluppate e dinamiche dell’intera Unione europea. Purtroppo, in questo breve contributo non è possibile condurre un’indagine esauriente in proposito, dovendo limitarci – soprattutto per motivi di spazio – a segnalare le condizioni socio-economiche in cui vive ed opera la collettività ferrarese, in quanto esse non appaiono del tutto soddisfacenti, soprattutto nel confronto con le condizioni presenti nelle altre realtà territoriali della stessa regione, a partire da quelle più vicine alla provincia di Ferrara.
La consistenza della politica di coesione in Emilia-Romagna
Sulla poco confortante situazione socio-economica appena delineata dovrebbe, almeno in qualche misura, intervenire la politica di coesione co-finanziata dall’Unione europea, in modo da consentire il conseguimento di uno sviluppo equilibrato e bilanciato all’interno delle varie regioni ed aree urbane europee, evitando il permanere di porzioni del territorio in condizioni di arretratezza socio-economica, così come prevede tuttora il Trattato dell’UE.
Poiché, però, nella relazione sullo stato di attuazione del POR FESR dell’Emilia-Romagna a fine 2018 non compaiono in modo sistematico informazioni a livello territoriale, per disporre di informazioni sulle erogazioni effettuate nell’ambito della politica di coesione a livello sub-regionale occorre avvalersi di un’altra fonte di informazione statistica, che però è altrettanto ufficiale e affidabile.
Si tratta del sito https://opencoesione.gov.it/it/, che è l’iniziativa di open government sulle politiche di coesione in Italia che considera entrambi i principali Fondi strutturali, cioè il FESR e il FSE. Su questo portale sono desumibili dati circa le risorse programmate e spese, distinte per ambiti tematici, la loro localizzazione, i soggetti programmatori e attuatori, i tempi di realizzazione, nonché i pagamenti effettuati per i singoli progetti. Tutti i cittadini interessati possono così valutare come le risorse vengono utilizzate rispetto ai bisogni dei propri territori.
Pertanto, confrontando le due province confinanti di Bologna e Ferrara, emerge con immediatezza il divario tra l’ammontare delle risorse finora destinate nel periodo 2014-2020 alla prima rispetto a quelle destinate alla seconda: ben il 40% in più (Grafico 6). Ciò significa che c’è stata una maggiore concentrazione dei pagamenti effettuati nell’area del capoluogo regionale che nell’area periferica, quando le situazioni socio-economiche presenti nelle due aree – come si è verificato nel precedente paragrafo – sono tra loro esattamente opposte.
Non solo. Proprio in seguito all’opposto andamento demografico che risulta tra le due province, il valore pro capite delle risorse finanziarie attribuite alla provincia di Ferrara nell’ambito della politica di coesione durante l’attuale periodo di programmazione risulta in un certo senso «sovra-stimato» rispetto a quello ottenuto per la provincia di Bologna. Infatti, nella prima provincia il dato demografico posto al denominatore del valore pro capite è andato diminuendo negli ultimi anni, accentuando così il risultato del rapporto; invece, in provincia di Bologna – compresa la sua area montagnosa – è successo esattamente il contrario col risultato di ridurne il valore pro capite.
Di conseguenza, se si ipotizzasse un andamento demografico uniforme per le due province, cioè se per entrambe – ad esempio – si registrasse una situazione di stazionarietà demografica come in effetti emerge a livello di intera regione, allora il divario tra i valori pro capite risulterebbe ancora più elevato rispetto al valore del 40% qui ottenuto con riferimento alla popolazione, che può essere considerata uno dei più rilevanti indicatori del fabbisogno di spesa per investimenti.
A ben vedere, però, se si considerassero i valori pro capite di tutte le province dell’Emilia-Romagna si potrebbe constatare che quelle non menzionate (da Piacenza a Rimini) hanno finora beneficiato di importi di spesa nettamente minori, per cui la provincia di Ferrara non è da considerarsi come l’unica penalizzata rispetto a quella del capoluogo regionale, dove sono già presenti strutture, pubbliche e private, di notevole rilievo a livello sia nazionale che internazionale.
In ogni caso è evidente che l’attuale politica di coesione, la quale in base alle dichiarazioni dei responsabili regionali sarebbe caratterizzata da una «equa» distribuzione delle risorse, tra cui anche quelle destinate alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica (Asse 1 del POR), invece di favorire il riequilibrio intra-regionale che è il fondamentale obiettivo originario della politica europea in oggetto, grazie alla concentrazione degli investimenti co-finanziati sta incrementando la forza attrattiva del capoluogo regionale, presumibilmente al fine di sostenere la sua competizione rispetto alle altre metropoli europee.
Ciò, però, avviene a scapito delle aree contermini, tra cui quella di Ferrara, dando luogo ad un processo di sviluppo regionale riconducibile al modello teorico della causazione circolare cumulativa elaborato nel secolo scorso da G. Myrdal; cioè un processo di sviluppo che tende a sottrarre risorse (non solo finanziarie, ma anche umane e tecniche) all’hinterland della regione per concentrarle nell’heartland della stessa, con la conseguenza che, in tal modo, l’iniziale divario in termini di livello di sviluppo socio-economico finisce per accentuarsi, senza neppure mostrare una qualche prospettiva di inversione del processo, magari nel lungo periodo.
Si potrebbe addirittura presumere che, continuando a procedere in questo modo, si finisca per modificare l’attuale struttura urbanistico-territoriale dell’Emilia-Romagna, passando da una regione tendenzialmente policentrica (come il Veneto), in cui i vari centri urbani e produttivi svolgono un ruolo di complementarietà verso un obiettivo di sviluppo sostanzialmente condiviso, ad una monocentrica (come il Piemonte e la Lombardia), dove il rispettivo capoluogo regionale prevale nettamente sui centri minori, ai quali viene di fatto attribuito un ruolo solo marginale.
Si presume che l’Amministrazione regionale dell’Emilia-Romagna sia consapevole di tutto ciò, così come sia pienamente informata circa i condizionamenti che la sua attività di programmazione avrà dovuto subire nella iniziale interlocuzione a suo tempo avvenuta a livello sia europeo che nazionale; invece, molto presumibilmente non lo sono i cittadini e tutte le altre forze sociali e produttive che li rappresentano nelle varie sedi istituzionali (dalle Amministrazioni locali alle organizzazioni datoriali e sindacali). Pertanto, sarebbe molto importante cercare di approfondire i temi qui solo accennati, soprattutto nell’attuale fase temporale in cui si sta già discutendo anche in ambito regionale del modo in cui impostare la politica di coesione per il prossimo periodo di programmazione 2021-2027.
<Allegato grafico dalle fonti citate>
Per approfondimenti si veda Aurelio Bruzzo, Situazione socio-economica e politica di coesione in Emilia-Romagna a fine 2018, pubblicato in: Quaderni del Dipartimento DEM – Unife