Gianna e Giorgio non hanno mai smesso di parlarsi, anche dopo quel tragico 1991 che li divise.
Anche ora, nella luminosa veranda che si affaccia sull’ampio giardino di casa Foschini-Borghesani, all’indomani della 27esima assegnazione del Premio Foschini, Gianna ne parla, anzi “gli” parla come fosse presente, quasi a voler ancora una volta rispondere a quelle “minacciose” parole con cui lui cercava tregua da qualche accesa discussione: “beh adesso basta, eh! Adesso esco e vado a comperare la carta bollata”…il suo modo divertente e divertito di ventilare istanze divorziste!
E’ un Giorgio Foschini inedito, quello che emerge dalle parole di Gianna, ma non così lontano dal manager, dal ricercatore, dal direttore del Centro Ricerche “Giulio Natta”, anzi ne completa il profilo. Uguale è l’attenzione e la tensione emotiva verso le persone, la lungimiranza nel costruire ponti di sapere e formazione, la sensibilità ambientale e sociale, l’intuizione verso una valorizzazione non scontata del lavoro delle donne (“studiano, sono brave, raggiungono ruoli importanti, si prefiggono obiettivi alti, poi si sposano, si caricano di obblighi famigliari, cercano orari più regolari…si bloccano o si orientano verso l’insegnamento. Che peccato!”).
Il loro è un rapporto ricco e vivace e il filo non può spezzarsi. E infatti, nonostante tutto, non si spezza.
E’ il 1991, improvvisamente Gianna rimane sola: in aprile il figlio Paolo, giornalista, si trasferisce a Milano, in giugno la figlia Laura si sposa, in settembre Giorgio la lascia per sempre.
Lei, accademica di fama, pur impegnata professionalmente, sente di aver bisogno di una continuità famigliare, di un progetto che la impegni, ancora una volta, al fianco di Giorgio.
Il desiderio di proseguire, anche se per altre strade, il percorso tracciato dal marito verso la ricerca applicata e la valorizzazione dei giovani, diviene il suo obiettivo.
Si impone di delineare, ideare e costruire un progetto. Che porterà un nome, quello di suo marito: Giorgio Foschini.
Decide che Giorgio sarà ricordato non solo nel pensiero e negli affetti, ma sarà anche il nome di un premio tangibile, che verrà conferito alla “miglior tesi di Master, per valorizzare l’internazionalizzazione degli sforzi formativi delle università e l’apertura culturale verso i filoni della ricerca applicata nel campo dei materiali polimerici, dell’ambiente e delle risorse rinnovabili”.
Tra mille pesantissime difficoltà, a dispetto dei tanti che profetizzavano l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo, una accesa determinazione e il supporto di personalità del mondo universitario e del mondo dell’industria, le permettono di assegnare il primo “Premio Foschini” nella sessione di febbraio dell’anno accademico 1991-1992, a Marco Blanda, vincitore con la tesi “Separazione e misura di proprietà di materiali polimerici mediante tecniche di frazionamento in campo-flusso”.
Giovani, formazione, una Ricerca mai fine a stessa ma motore e “ponte” tra mondi e saperi diversi.
Uniti ora come allora verso gli stessi obiettivi: il filo non si è spezzato e non si spezzerà.
(l’immagine è tratta da: www.cittadarte.emilia-romagna.it)