La notizia della morte di Paolo Rossi, scomparso a 65 anni, ha colpito non solo gli esperti di calcio e chi ha vissuto i momenti magici dei Mondiali del 1982 o le vittorie in Campionato o nelle competizione europee, ma anche chi a tale mondo è relativamente estraneo.
Diversi commentatori affermano, a ragione, che in un periodo, gli anni ottanta, in cui l’Italia faceva fatica ad uscire da una grave crisi economica, sociale e istituzionale (Le Brigate Rosse, il sequestro Moro, ecc.) il calcio e un Presidente molto orgoglioso e molto amato dagli Italiani hanno avuto il previlegio di contribuire a riunire il Paese.
Pertanto non è blasfemo affermare che alcuni episodi di un’attività di carattere ludico hanno svolto un ruolo determinante nella vita di un Paese che faceva fatica (e fa fatica tuttora) a rimanere unito.
Lo stesso andamento del campionato mondiale con la squadra italiana fortemente contestata in patria per gli scadenti risultati della prima fase e per la presenza di Paolo Rossi, fortemente sostenuto invece dall’allenatore Enzo Bearzot, sembrano evocare comportamenti tipici della nostra popolazione che si divide in ogni occasione, anche in quelle più gravi degli avvenimenti sportivi, nelle quali sarebbe determinante invece rimanere uniti.
Il Presidente Pertini sugli spalti osannante, tra il re di Spagna e la consorte, nella finale contro la Germania Ovest, poi nell’aereo presidenziale che gioca a carte con Bearzot, Zoff e Causio, con la Coppa del Mondo in mezzo al tavolo, sono episodi simbolo di quella storica cavalcata azzurra che tanti italiani ancora ricordano aldilà del significato sportivo.