Criptovalute e Blockchain, ovvero: la nuova «corsa all’oro», di Livio Paciotti
Bitcoin, Ethereum, Ripple, Litecoin, Verge etc. Cosa sono, quale tecnologia c’è dietro, come comprarle / scambiarle / usarle per investimento. Quali opportunità e quali rischi comportano.
Settimo capitolo
Aggiornamenti sulle criptovalute (in continua evoluzione)
Libra
Ultimamente tra le varie “resistenze” si sono aggiunte molte perplessità da una serie di commissari provenienti da tutti i continenti del mondo hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta in cui esprimono perplessità e chiedono chiarimenti a Facebook sulla gestione della privacy.
Inoltre avrebbe attirato l’attenzione dell’antitrust europeo. L’indagine, in fase preliminare starebbe valutando l’impatto sulla concorrenza che potrebbe uscirne danneggiata.
Sempre stando alle informazioni preliminari, i partner di Facebook Libra e la sua struttura sarebbero poi un altro punto da chiarire e possibile fonte di sanzioni o blocco del progetto. Ma non sarebbe solo l’antitrust a valutare l’impatto della nuova criptovaluta, anche gli organi competenti in materia di privacy sarebbero già al lavoro per capire l’impatto che avrà Libra sullo scambio di informazioni personali.
Un futuro sempre meno certo per Libra, la criptovaluta di Facebook
Visa, Mastercard, eBay, Strie e Mercado Pago sceglono di abbandonare Libra, poco prima del primo incontro ufficiale del Libra Council che ne deciderà le sorti future
Giusto una settimana fa l’intenzione di Paypal di uscire progressivamente da Libra, iniziativa che mira a creare un sistema di pagamenti basato su criptovaluta annunciato da Facebook e per il quale varie aziende hanno evidenziato un iniziale supporto partecipando alla Libra Association.
Voci di un progressivo allontanamento anche di altre aziende partner sono in circolazione da tempo e ora si concretizzano nella decisione di Visa, Mastercard, eBay, Strie e Mercado Pago di abbandonare la Libra Association. Queste decisioni lasciano, quantomeno per il momento, Libra senza nessuno dei principali sistemi di pagamento in nord America quale partner.
Alla base della decisione di non dare seguito alla partecipazione alla Libra Association varie considerazioni legate allo scetticismo, e potenziale ostracismo, da parte delle autorità di vigilanza di Stati Uniti ed Europa, che non vedono con favore questa iniziativa. Il rischio è infatti quello che Libra possa diventare uno strumento di pagamento diffuso per attività non lecite, in primo luogo il riciclaggio di denaro.
Qualcosa “di grosso” cambierà a breve?
Una maxi valuta digitale al posto del dollaro: la proposta della Banca d’Inghilterra
Una nuova moneta digitale globale per contrastare l’egemonia del dollaro come riserva globale e l’ascesa dello yuan. È la proposta lanciata in questi giorni (agosto 2019) da Jackson Hole dal governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, secondo cui a prendere il posto del biglietto verde potrebbe essere una valuta virtuale stile Libra, nata però con il supporto di una rete di banche centrali.
Per Carney la dipendenza del mondo dal dollaro USA “non regge” più e deve essere sostituita da un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale, basato su più valute globali. Secondo quanto riporta il Financial Times, Carney avrebbe chiesto al Fondo Monetario Internazionale di farsi carico di un nuovo sistema valutario internazionale, che garantisca le economie emergenti dai deflussi di capitali distruttivi in dollari e che rimuova la necessità di costituire riserve in biglietti verdi.
A più lungo termine, il Fmi, secondo Carney, potrebbe “cambiare le regole del gioco” costruendo un sistema multipolare. Una simile soluzione, sostiene, è meglio che aspettare che il renminbi, la moneta cinese, sfidi il dollaro. Per questo, Carney ha suggerito di focalizzare l’attenzione sulla creazione di una valuta elettronica globale che potrebbe fungere da “valuta egemonica sintetica” fornita “forse attraverso un network di banche centrali”.
Ciò, aggiunge, potrebbe “limitare l’influenza dominante del dollaro USA sul commercio globale”, il che significa che gli choc statunitensi non si ripercuoterebbero in tutto il mondo come fanno ora. “Le carenze del sistema monetario e finanziario internazionale – sostiene Carney – sono diventate sempre più forti. Anche una vaga conoscenza della storia monetaria ci dice che la centralità (del dollaro, ndr) non regge”.
Gli Stati Uniti rappresentano solo il 10% del commercio globale e il 15% del Pil globale, ma in compenso la metà delle fatture commerciali e i due terzi delle emissione globale di titoli, spiega il governatore della BoE, avvengono in dollari. Di conseguenza, “mentre l’economia mondiale viene riordinata, il dollaro Usa mantiene la stessa importanza che aveva quando è crollato Bretton Woods” nel 1971.
Da Telegram -> gram
Se libra di Facebook sta incontrando l’opposizione dei politici e attivisti, un altro social network si appresta a lanciare la propria criptovaluta: si tratta di gram, soluzione di Telegram che dovrebbe esordire entro il prossimo mese di ottobre.
Al di là del fatto di essere una criptovaluta lanciata da un social network, le differenze tra libra e gram sono diverse e abbastanza cruciali. Anzitutto infatti il valore di gram, a differenza della moneta virtuale di Facebook, non sarebbe ancorato a beni reali, ma fluttuerebbe invece in base a scambi e protocolli, come accade con criptovalute tradizionali come ad esempio bitcoin, consentendo a gram di essere anche scambiata e non soltanto convertita in moneta reale come accadrà per libra.
Telegram inoltre sta pensando a una rete proprietaria completamente decentralizzata, chiamata TON (Telegram Open Network), su cui oltre alle transazioni e ai contratti smart, viaggerebbero anche messaggi e file, scambiati sul social network, che aumenterebbe così ulteriormente la sua fama riguardo a sicurezza e protezione della privacy.
Secondo quanto riportato dal New York Times, Telegram vorrebbe far esordire la propria criptovaluta entro il 31 ottobre, in concomitanza con l’esordio di un wallet dedicato alle transazioni. Motivo di tanta fretta sarebbe il rischio di non rispettare la scadenza che la società aveva fissato come obiettivo per l’esordio. Lo scorso anno infatti gli investitori finanziarono i progetto con ben 1,7 miliardi di dollari, cifra che andrebbe restituita nel caso in cui il tutto dovesse slittare.
Negli ultimi anni però l’attenzione da parte di politici e istituzioni nei confronti delle criptovalute è assai cresciuto, soprattutto per il timore che esse possano essere utilizzate illegalmente per riciclare denaro sporco e finanziare attività terroristiche. Il possibile arrivo di Facebook libra inoltre ha fatto alzare ancora di più il livello di attenzione. Proprio la caratteristica principale di Telegram, ossia il suo essere virtualmente impenetrabile, potrebbe dunque sollevare perplessità legate alla sicurezza e alla trasparenza delle transazioni.
Telegram, battuta d’arresto per il token della sua criptovaluta
Battuta d’arresto per gram, la criptovaluta di Telegram. La SEC ((Securities and Exchange Commission), l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori, ha infatti imposto lo stop alle vendite dei token, presentando un’ordinanza restrittiva contro Telegram e il TON (Telegram Open Network). Da quanto si evince dal documento ufficiale infatti Telegram avrebbe venduto illecitamente i token, non avendoli registrati come titoli, e non avendo comunicato anche i relativi rischi agli investitori. Per la SEC infatti essi sono a tutti gli effetti dei titoli azionari, che andrebbero quindi registrati per legge prima di essere venduti.
E pensare che appena dieci giorni fa tutto sembrava filare a gonfie vele per Telegram e gram, avendo incassato l’OK proprio da parte della SEC su TON, la blockchain su cui avrebbe dovuto viaggiare la criptovaluta. ”Abbiamo più volte affermato che non si possono evitare le leggi federali sui titoli semplicemente etichettando un prodotto come criptovaluta o token digitale”, ha infatti spiegato Steven Peikin, co-direttore della Divisione enforcement della SEC. “Telegram cerca di ottenere i benefici di un’offerta pubblica senza rispettare le responsabilità di divulgazione consolidate, volte a proteggere gli investitori”.
Arriva una criptovaluta (anti Libra) anche in Europa ?
Stando a quanto riportato oggi dall’agenzia stampa Reuters, i governi dell’Eurozona e le banche centrali dei Paesi membri starebbero lavorando a un piano a lungo termine per lanciare una moneta digitale pubblica, nella speranza di ostacolare la diffusione della criptovaluta annunciata da Facebook, Libra, vista come un rischio per la stabilità finanziaria.
L’annuncio dello scorso giugno da parte di Facebook di una criptovaluta in grado di facilitare i pagamenti da parte di centinaia di milioni di utenti in Europa ha dunque messo in agitazione i burocrati di Bruxelles, che sta valutando di rilanciare il piano TIPS per i pagamenti in tempo reale nell’area dell’euro.
Un progetto in verità accolto tiepidamente dagli istituti bancari, come del resto lo sono le stesse criptovalute. Il problema infatti è che questo genere di soluzioni potrebbe consentire ai consumatori di utilizzare il contante elettronico, depositato direttamente presso la BCE, senza necessità di conti bancari, intermediari finanziari o controparti di compensazione, tutti attori attualmente necessari che sarebbero però tagliati fuori se la BCE assumesse le loro funzioni, riducendo i costi delle transazioni. Cosa che accadrebbe anche se si affermasse Libra.
Nel frattempo comunque le autorità dell’Unione europea hanno inviato un messaggio assai chiaro a Facebook: Libra non è la benvenuta in Europa.
Succede anche questo (1)
I dipendenti di una centrale nucleare ucraina hanno connesso parte dei sistemi a Internet per minare criptomoneta
Dopo un controllo, gli investigatori hanno scoperto che alcuni dipendenti si erano presi una libertà di troppo, portando all’interno della centrale dei computer dedicati al mining delle criptovalute. I servizi segreti hanno sequestrato materiale adatto a due minig rig, uno con sei Radeon RX 470 GPU e uno con cinque di queste GPU, oltre ad altro materiale generico.
Il problema non è tanto l’uso illecito della corrente quanto il fatto che per fare funzionare i mining rig hanno dovuto connettere almeno alcuni dei sistemi informatici della centrale a Internet, col rischio che qualche hacker avrebbe potuto sfruttarli per accedere dall’esterno e creare potenziali disastri.
Succede anche questo (2)
In aumento le truffe delle criptovalute
Tempo fa una signora ha fatto una denuncia alla polizia: ha spiegato di aver acquistato bitcoin per 30 mila euro da un sedicente trader che l’aveva contattata sul cellulare. Ha detto di aver chiuso la transazione dopo aver controllato il sito di exchange, al quale aveva detto di appoggiarsi per l’operazione, che le sembrava affidabile. Ma dopo un po’ si è accorta che era tutta una truffa: il trader è sparito e il sito non la riconosceva come utente. «Le condizioni di acquisto erano troppo vantaggiose», ha aggiunto poi a sua discolpa.
Il caso della donna, è emblematico. E ha messo davanti agli occhi degli inquirenti un fenomeno che non sembrava aver ancora attecchito: le truffe nelle acquisizioni di criptovaluta. Invece, le denunce sono in costante aumento.
La gente è attirata dalle grandi oscillazioni che il prezzo delle monete virtuali ha sul mercato. Quindi poichè c’è la possibilità di guadagnare molto denaro e quindi i truffatori fanno leva sulle speranze dei risparmiatori.
Contattano i potenziali clienti(già profilati dalle informazioni ricavate su internet) e propongono loro criptovalute a prezzi ribassati.
Li avvicinano al cellulare oppure creando annunci sui social che altro non sono che specchietti per le allodole (P.S. io su mail ne ricevo almeno una al giorno …????)
Una volta messa a segno la truffa è però difficilissimo recuperare il maltolto.
Settembre 2019: ancora una rovinosa “caduta”
Di seguito alcuni motivi del piccolo “tracollo” :
1. Alcuni gestori di fondi e analisti hanno chiesto un calo dei prezzi a causa di analisi tecniche. Naturalmente, questo non è mai garantito, ma mette molti commercianti al limite.
2. La tanto attesa piattaforma Bakkt lanciata lunedì. Molti si aspettavano che questo lancio avrebbe avuto almeno qualche effetto sul mercato. Lunedì si è rivelato silenzioso ma con molti occhi e attenzione al mercato.
3. L’improvviso massiccio calo del 40% nel tasso di hash Bitcoin.
Vale la pena notare che un significativo movimento dei prezzi è suscettibile degli effetti “palla di neve” che potrebbero spingere ulteriormente i prezzi.
Conclusioni e considerazioni personali
Per chi è arrivato a leggere fino a questo punto …????… riporto alcune considerazioni personali
● Domanda 1 : hai investiro in questi asset ? Si
● Domanda 2 ; hai guadagnato o perso ? Ho perso
● Domanda 3 : Lo rifaresti ? Si
Con i miei (modesti) investimenti in cripto ho perso una piccola somma di denaro, (nella immagine la perdita in % da inizio investimento) ma tutto sommato la esperienza è stata estremamente interessante.
Nei vari anni in cui mi ci sono dedicato a tempo parziale a investigare su queste metodologie ho imparato molte cose ed ho avuto molte esperienze interessanti e formative.
Non ci ho guadagnato come alcuni hanno fatto (non molti a dir la verità) ma senz’altro è una esperienza che rifarei.
Per chi si approccia ora a questo “mondo” consiglio una estrema prudenza e MAI investire una somma che non può essere “persa” secondo le properie disponibilità finanziarie.
Chi si è “giocato” tutto o quasi è stato “duramente” scottato dalla esperienza, arrivando anche a “pedere la ragione”…????
Appendice 1: Elezioni “digitalizzate”
La tecnologia fa passi da gigante ma c’è un’azione che finora sembra impossibile o quasi da digitalizzare e rendere smart. Vale a dire le elezioni. Non che siano mancati i tentativi: quello che possiamo ricordare meglio è forse il “referendum” lombardo dello scorso ottobre, ma ci sono state anche altre esperienze nel mondo – nessuna davvero convincente.
Finora ci sono stati fallimenti o al massimo successi parziali, ma l’idea non è stata accantonata. La tentazione di digitalizzare il voto è forte e per motivi facili da capire: il voto elettronico costa meno e potenzialmente può portare più cittadini a esprimersi, magari comodamente da casa loro o persino tramite smartphone. Una cosa che, almeno in teoria, dovrebbe stare in cima alle priorità di ogni paese democratico.
Sogni proibiti che potrebbero diventare un po’ più reali tramite blockchain. C’è già stato un primo esperimento lo scorso marzo in Sierra Leone. Qui la società Agora ha usato la sua ledger in concomitanza con le elezioni, a scopo dimostrativo. Qualcosa di simile è stato fatto in West Virginia lo scorso otto maggio – in questo caso è stata usata anche una APP per smartphone.
Grazie alle funzioni di sicurezza “innate” in blockchain, ci si potrebbe assicurare che ogni persona voti una volta sola, e allo stesso tempo che il voto espresso sia del tutto tutelato. Permetterebbe in teoria di superare completamente il pericolo di brogli elettorali, un problema che di tanto in tanto emerge ancora anche negli Stati più avanzati.
Lo scorso 2 settembre, nella cittadina di Tsukuba si è quindi sperimentato l’impiego della blockchain nelle operazioni di voto. Sfruttando l’Individual Number (un sistema simile alla Social Security Card utilizzata negli USA), è possibile certificare l’identità dell’elettore, evitando così il rischio di compromissione dei dati raccolti: ciò avviene infatti attraverso un lettore ottico in grado di scansionare il documento d’identità del votante e consentirgli di esprimere la propria preferenza.
In questo modo, oltre a prevenire concretamente il rischio di brogli elettorali, si eliminano le code ai seggi e si consente anche alle persone non autosufficienti di partecipare concretamente al processo democratico, senza peraltro contare il notevole risparmio ottenuto in termini di personale impiegato durante le operazioni di verifica e di scrutinio.
I riflessi positivi di tale sperimentazione hanno pertanto spinto anche le democrazie occidentali ad adottare questo sistema per l’elezione diretta dei membri del Congresso e dei Governatori federali: in Virginia Occidentale, in occasione delle elezioni di medio termine verrà infatti consentito alle truppe impiegate in zone di conflitto di esprimere la propria preferenza utilizzando un’applicazione installata su un dispositivo mobile e un software di riconoscimento facciale in grado di verificare l’identità. I meccanismi di crittografia permetteranno quindi la registrazione del voto in forma anonima e il suo salvataggio all’interno della blockchain.
Restano naturalmente molti, moltissimi nodi da scogliere. Il primo è la verifica dell’identità, nel caso della votazione a distanza: non è facile, infatti, assicurarsi che la persona che esprime il voto sia precisamente chi dice di essere. Allo stesso tempo però bisogna garantire il rispetto del segreto elettorale, dunque assicurarsi che ogni voto sia anonimo. Oggi quando votiamo ci registriamo personalmente ma la scheda è anonima in mezzo a tutte le altre schede. Un gesto semplice, al momento impossibile da replicare con la tecnologia, mantenendo e migliorando anche le altre garanzie.
Il voto tramite blockchain inoltre non ci metterebbe al riparo da problemi come il voto di scambio o la compravendita di voti, ma d’altra parte questi problemi non si risolvono nemmeno con la carta. Con blockchain, senz’altro, potremmo eliminare alcune delle questioni si sicurezza legate al processo elettorale. E allo stesso tempo abbassare i costi.
I voti in blockchain sarebbero assolutamente trasparenti, facili da contare e impossibili da modificare. Offrire queste garanzie, con la carta, è molto difficile e costoso. Rinunciando al voto a distanza, si potrebbe sin da subito ipotizzare una cabina elettorale digitale che sfrutti questo tipo di tecnologia.
I problemi non mancano, come abbiamo visto. Ma nemmeno le proposte per risolverli. Tante si riveleranno fallimentari, certo, ma è ragionevole pensare che nell’arco di una decina d’anni, forse meno, avremo finalmente risolto la questione della digitalizzazione del voto.
L’evoluzione tecnologica e il progresso informatico comporteranno, almeno nel prossimo futuro, una necessaria evoluzione paritetica dei sistemi e delle infrastrutture in considerazione soprattutto dei numerosi vantaggi offerti dall’e-voting, dal risparmio ottenuto in termini di risorse finanziarie dato il minore impiego di personale, ad un decisivo incentivo alla partecipazione democratica, vittima negli ultimi decenni di un inarrestabile trend negativo.
La blockchain del resto, sta mostrando tutta la sua efficienza in ambito finanziario, arrivando a minacciare il monopolio della moneta tradizionale. Perché non sfruttare queste potenzialità per favorire la partecipazione dei cittadini alla vita politica del proprio Paese? “È la tecnologia, bellezza. E tu non puoi farci niente”.
Voto elettronico già in crisi?
In 35 macchine per il voto elettronico in USA, alcune in stati chiave come in Florida, Michigan e Wisconsin, è stata trovata una connessione ad internet attiva (fonte: vice), quando invece non dovrebbero esserlo mai, se non per la trasmissione di qualche minuto per anticipare i risultati elettorali rispetto al procedimento standard.
Queste macchine registrano i voti ufficiali su scheda SD interna, che è quella che poi fa fede. Tutto in locale, quindi. La connessione viene utilizzata per trasmettere i risultati ai server e poi ai media, in modo da avere indicazioni sulle votazioni prima che siano analizzate le schede SD. A tutti gli effetti quindi il voto vero è quello registrato sulla SD card. Il problema riscontrato in questi giorni, quindi, potrebbe sembrare tutto sommato una dimenticanza lieve. Se molto probabilmente di dimenticanza si tratta, le conseguenze potrebbero essere meno lievi del previsto.
La questione verte non tanto sulle macchine per il voto elettronico, ma sui server SFTP e il firewall che alcuni seggi elettorali utilizzano per trasmettere rapidamente i voti.
Purtroppo il voto elettronico, dopo aver goduto di grandi apprezzamenti al suo esordio, col tempo ha mostrato alcuni lati ancora oscuri, alimentati per giunta da un clima di sempre maggiore diffidenza.
Appendice 2: Criptovalute e terrorismo
I bitcoin e le criptovalute in generale sono pericolose o no e davvero sono utilizzate per riciclare il denaro sporco della criminalità e per finanziare le attività del terrorismo internazionale?
Secondo Yaya Fanusie, ex analista per la Central Intelligence Agency e ora consulente riguardo ad attività terroristiche legate all’uso di criptovalute, il fatto di poter assegnare un indirizzo bitcoin unico da cui inviare denaro digitale è uno scenario destinato a rafforzarsi in futuro, diventando parte integrante del mix di fonti di finanziamento per le attività terroristiche e criminali, mentre lo stesso ministro delle finanze statunitense Steven Mnuchin, in due discorsi recenti ha richiamato l’attenzione sui pericoli insiti nelle criptovalute, invocando strumenti di monitoraggio più attivo.
Il ricercatore italiano Gaspare Jucan Sicignano però è convinto del contrario. “Nei bitcoin, ovvero nella più nota delle criptovalute, non vi è alcun rischio di riciclaggio. Anzi i bitcoin sono in grado di scongiurare operazioni di riciclaggio, piuttosto che il contrario”, scrive infatti nel suo libro, spiegando che tutte le transazioni in bitcoin sono pubbliche in quanto contenute in un database distribuito e liberamente accessibile.