Come dice Mattarella la situazione si aggrava per colpa del virus, ma è anche vero che un Paese civile dovrebbe discutere quali siano le soluzioni migliori anziché trovare capri espiatori. Purtroppo l’Italia, diversamente dalla Germania, è un paese dove quasi tutto funziona poco e male per cui in presenza di una emergenza e di uno “stress test” andiamo facilmente in tilt salvo ripiegare sulla retorica (siamo un grande Paese, andrà tutto bene, …).
Come Cds ci siamo sforzati sempre di proporre buone soluzioni e, in genere, parliamo di quello di cui ci siamo occupati avanzando proposte concrete. Nell’ultimo post facevamo un accenno ad una ricerca fatta 20 anni fa in cui si mostrava quanto sarebbe stato importante mettere mano agli orari delle città (e degli ingressi alle scuole) per ridurre la congestione del traffico e favorire la rapidità degli spostamenti. Il problema delle scuole (per cui si ritorna alla didattica a distanza) non risiede infatti all’interno delle scuole (dove i contagi sono pochissimi) ma nel trasportarli a scuola (e a casa) coi bus. Gli studenti delle scuole superiori potrebbero, per esempio, fare lezioni in presenza in parte al mattino e in parte al pomeriggio oppure -come abbiamo indicato anche in tempi non sospetti- essere in parte indirizzati con stage presso le imprese (ovviamente si doveva impostare il lavoro già in estate). Anche parte del personale dovrebbe cambiare orario, ma se si fosse fatta una sperimentazione già in estate, come abbiamo più volte scritto, si potevano avere le informazioni e le sperimentazioni adeguate per migliorare, correggere e infine mettere a punto un modello (prototipo) da proporre in autunno in modo generalizzato, soprattutto nelle grandi città perché nelle piccole e nei paesi spesso questo problema non esiste. Ma in Italia manca del tutto la cultura della sperimentazione, che è invece “la pratica-base” della ricerca al Petrolchimico dove gli impianti pilota sono il cuore del lavoro e della innovazione. Da questa cultura il Cds è stato profondamente influenzato.
Ad esempio, 10 anni fa abbiamo messo a punto una metodologia di studio per gli infermieri che prevedeva all’ultimo anno sei mesi di tirocinio retribuito in ospedali pubblici o privati che avrebbe non solo migliorato la formazione (con un praticantato retribuito), ma reso più appetibile il corso di laurea con un maggior numero di iscritti in un settore in cui c’è carenza in tutta Europa. Ma le ragioni dell’inerzia quasi sempre prevalgono sulle innovazioni. Ora sulla spinta dell’emergenza si sono tolti alcuni orpelli medioevali (come l’esame di Stato) che accorciano l’inserimento al lavoro di medici e altre professioni. L’emergenza dovrebbe essere usata per accelerare percorsi di riforma.
Se la comunicazione pubblica allarma, impaurisce alcune fasce di cittadini, e cosi oggi accade che anche persone giovani e sane (non informate) richiedano i tamponi che vanno fatti a chi ne ha veramente bisogno e per farli non basta avere il personale, perché va anche formato per tempo, così come i tracciamenti che vanno fatti da personale appositamente assunto e formato. Tutte cose che si potevano fare già in estate sperimentandole a piccola scala (e monitorarle), come abbiamo scritto in lungo e in largo da maggio a luglio, per poterle poi espandere in caso di necessità in tutta la regione o nel Paese.
Articolo di Andrea Gandini, autore del libro “Per una scuola di relazione‘, Edizioni Lavoro-Macondo Libri (2020)