Il primo obiettivo dell’Agenda 2030 è sconfiggere la povertà, sintesi dell’intervento di Emiliano Sandri alla presentazione dell’AEF 2020
Il primo obiettivo dell’agenda 2030 è sconfiggere la povertà. Quando si parla di povertà, spessa il nostro pensiero va a zone abbastanza lontane geograficamente, come l’Africa e altri paesi ancora non sviluppati. La componente geografica, infatti, è la componente principale che spiega il reddito degli individui: nascendo nel mondo occidentale, alla nascita potevamo aspettarci di avere un reddito nettamente superiore rispetto a chiunque altro nel mondo. Ma la geografia conta anche nel contesto italiano (nord vs sud), regionale e locale. Un altro importante fattore che determina il reddito dell’individuo è la condizione economica della propria famiglia. Così si hanno famiglie storicamente ricche e famiglie storicamente povere. In questi casi è evidente come la povertà sia figlia delle disuguaglianze. Non a caso, un altro importante obiettivo ONU è la loro riduzione.
Storicamente, la povertà sta vivendo un declino trainato dallo sviluppo dei paesi asiatici. Al contrario, la disuguaglianza cresce costantemente dagli anni ’80, perlomeno nel mondo occidentale. A mettere d’accordo queste due variabili è intervenuta la pandemia che tuttora stiamo vivendo. Tutti gli osservatori prevedono un aumento senza precedenti delle disuguaglianze. Inoltre, la Banca Mondiale ha recentemente sottolineato come la pandemia porterà la lotta alla povertà indietro di almeno un decennio. Nell’ottica del raggiungimento dei Goal 1 e 10, diventa essenziale affrontare queste problematiche sistematicamente e scientificamente.
Ma cosa comporta vivere in povertà e disuguaglianza? Questa è una domanda fondamentale da porsi perché spesso si ignora quali siano le reali condizioni dei meno abbienti. Ad esempio, alcuni studi dimostrano come una maggiore disuguaglianza provochi rigidità nella struttura sociale. In Italia vantiamo una delle più basse mobilità sociali d’Europa. Spesso si dice che una società giusta premia i più meritevoli. Ma non c’è nessun merito nel nascere in una famiglia agiata. In un certo senso, il concetto di merito è incompatibile con una società molto disuguale, dove le opportunità non sono uguali per tutti.
Ma la disuguaglianza non crea solamente delle distinzioni in termini di opportunità. Il fenomeno delle disuguaglianze di salute ci permette di capire le conseguenze più concrete e drammatiche: i più poveri, in media sia ammalano di più e più gravemente. Da un punto di vista sociale, i poveri sono emarginati e vivendo situazioni precarie hanno probabilità maggiori di essere colpiti dalle malattie. Inoltre, non potendosi permettere le cure più costose sono colpiti più gravemente. Questo l’abbiamo potuto osservare anche durante questa pandemia: negli Stati Uniti, per esempio, le comunità afro-americane sono state tra le più colpite.
Consci delle conseguenze di povertà e disuguaglianze e del fatto che il Covid-19 provocherà un peggioramento sostanziale, diventa necessario interrogarsi su come si debba agire. Sicuramente è utile devolvere più fondi alla lotta alla povertà, ma questo non sarà sufficiente. Non è con delle donazioni una tantum che si risolve questo problema: si deve invece lavorare ad un percorso di transizione dalla povertà cronica all’autosufficienza economica. Inoltre, è richiesto un approccio molto specifico, in quanto ogni caso è diverso dall’altro. Questo richiede un continuo scambio di buone pratiche. A livello locale, come abbiamo riportato nell’annuario, esistono delle esperienze molto positive, che potrebbero essere tranquillamente diffuse. Purtroppo queste realtà sono confinate al mondo del volontariato: sarebbe invece utile e giusto che ci fosse anche un programma di questo tipo istituzionalizzato.
Infine vorrei concentrarmi sulla necessità di agire anche in un contesto macroscopico, come quello statale. Ad esempio, una tassazione più progressiva di quella attuale permetterebbe di ridurre notevolmente le disuguaglianze. Al contrario, è facile capire come una flat tax avrebbe effetti nefasti. In un contesto internazionale, invece, la tassazione gioca un ruolo fondamentale nell’attrarre investimenti esteri. Il fatto che esistano paradisi fiscali all’interno dell’Europa stessa è una minaccia nei confronti del welfare state: negli ultimi anni abbiamo visto una corsa al ribasso delle aliquote imposte sulle aziende. A tal proposito, una maggiore integrazione a livello europeo dal punto di vista fiscale è una base sulla quale la lotta alle disuguaglianze si dovrebbe fondare. Inoltre, non dovremmo mai scordarci che ci stiamo avviando verso la cosiddetta green economy (seppur molto lentamente). Questo costituisce un fattore di rischio, in quanto storicamente i periodi di transizione economica sono accompagnati da un aumento della disuguaglianza, almeno temporaneo. Siccome la transizione verso un modello di sviluppo sostenibile è necessaria, bisogna prevenire che si creino vincitori e vinti. Nessuno dovrebbe pagare a causa di questa riconversione.
In sintesi, povertà e disuguaglianze sono due dei grandi problemi dei nostri tempi, ulteriormente accentuati dalla pandemia. Al fine di raggiungere gli obiettivi dell’agenda 2030 è necessario affrontarli sia da un punto di vista microscopico, sia da uno macroscopico. Inoltre, è necessario affrontare questo e altri obiettivi in maniera congiunta per evitare di fare progressi in un campo e regredire in un altro.
Prima di terminare vorrei sottolineare come una serie di studi empirici attestano come la formazione sia uno degli strumenti più efficaci per l’emancipazione socio-economica. Non ho voluto trattare questo tema dato che sarà poi considerato nel proseguo del convegno, ma è evidente di come la scuola e l’istruzione siano strumenti essenziali per il raggiungimento dei Goal 1 e 10. Vi ringrazio dell’attenzione.