Ho letto con piacere, alcune settimane fa, la bellissima nota biografica sull’attore Bruno Corazzari che Paolo Micalizzi ha pubblicato su questo stesso blog. Forse potrà interessare a qualcuno – sicuramente a Paolo – un mio ricordo di gioventù che ha come protagonista (è il caso di dirlo!) proprio il mio amico Bruno.
Ci siamo conosciuti io e Bruno Corazzari – entrambi quindicenni – nel 1955…ma prima di parlare di lui, serve una premessa che mi riguarda direttamente, ma che illustra il contesto in cui è avvenuto il nostro incontro.
Terminate le scuole medie, nella mia famiglia si decise che io avrei dovuto frequentare l’istituto tecnico industriale nell’indirizzo chimico. A Ravenna, dove abitavo a quel tempo, stava nascendo, anzi crescendo, lo stabilimento petrolchimico dell’Anic (la chimica pubblica, concorrente della chimica privata allora sostanzialmente rappresentata dalla Montecatini), per cui in famiglia si puntava, per me, ad un titolo di studio adatto per l’assunzione, al termine dei 5 anni, nel fabbricone locale, che rappresentava una assoluta garanzia di un lavoro sicuro e vicino a casa. Purtroppo, però, a Ravenna non c’era l’Istituto industriale (fu aperto proprio a fine anni ’50, in concomitanza col mio diploma di perito chimico acquisito presso l”Istituto industriale di Forli). Si, poiché a Forlì questo tipo di scuola c’era da tempo, retaggio della grandeur mussoliniana. In quegli anni ’50 quella scuola era un importante punto di riferimento per tanti giovani romagnoli e marchigiani che, una volta diplomatisi, trovavano facilmente occupazione nell’industria che stava rinascendo dopo la guerra, per dar vita al “boom economico” degli anni ’60; addirittura (come accadde anche a me), erano le stesse aziende che offrivano un colloquio di assunzione prima ancora di essere interpellate dai neo-diplomati. Si spiega così il perché il sottoscritto, ravennate, con la fabbrica chimica fuori dalla porta di casa, fu assunto dalla Montecatini per essere inserito come perito chimico nello stabilimento di Ferrara: fu l’azienda a convocarmi per un colloquio di lavoro senza che io avessi presentato alcuna domanda, e furono le interessanti proposte professionali ed economiche che l’azienda mi presentò che mi convinsero ad abbandonare l’idea di lavorare all’Anic…e poi forse mi sentii attratto (avevo vent’anni!) dall’avventura di scoprire un nuovo ambiente, una nuova città.
Tornando al merito della mia frequenza alla scuola di Forlì e dell’incontro con Bruno Corazzari, i miei genitori, tra farmi fare il pendolare (troppo sacrificio) o allocarmi presso una pensione (troppo costoso) optarono per…una terza soluzione: il “Collegio-convitto Gianbattista Tartagni Marvelli”, una struttura tra il pubblico e il privato, tra il laico e il confessionale, con personale laico, appunto, dedicato alla sovrintendenza dei ragazzi ospiti e con le suore (la sola presenza femminile consentita dal regolamento) addette alle attività di economato, guardaroba, approvvigionamento e gestione vivande. La “retta” era accessibile (penso che anche lo Stato contribuisse economicamente alla gestione del Convitto) per una “pensione” completa di vitto, alloggio, ecc. h24, come si direbbe oggi. Si dormiva in grandi camerate; si consumavano i pasti in un enorme refettorio (avete presente il film della Wertmuller “Gian Burrasca” ?…), si studiava in grandi stanze, tutti insieme, rigorosamente vestiti con la tuta da lavoro, ognuno seduto davanti al proprio scrittoio. Nelle pause si giocava a calcio, pallavolo, ping – pong. Si usciva soltanto in gruppo per recarsi a scuola e tutti i lunedì sera per andare al Cinema Astra di Forlì a vedere film di prima visione, sempre in fila per due (o tre), accompagnati dagli “assistenti”.
Ecco, io incontrai in questo Convitto Bruno Corazzari, assieme ad altri due nostri coetanei. Ci chiamavano “I 4 di Bagnacavallo”: io, Gianfranco, Giuseppe e, appunto, Bruno perché eravamo diventati inseparabili (anche se frequentavamo classi e indirizzi professionali differenti: chimica, meccanica, elettrotecnica…no, allora non c’era “informatica”!) tenendoci uniti la provenienza da quel paese dove in tempi anche diversi eravamo nati o vissuti fino ad allora. La prima battuta che ci scambiamo io e Corazzari fu sul fatto che io e lui avevamo lo stesso nome di battesimo (a proposito “Bruno Corazzari” è il suo VERO nome, non è uno pseudonimo). Infatti Bruno diceva sempre che voleva diventare famoso mantenendo il suo nome e cognome perché gli piacevano così. Famoso come attore, ovviamente; perché la sua grande passione, fin da ragazzino, è stata questa. Benché allora non ci fossero grandi fonti di informazione (specialmente per noi ragazzi con pochi soldi e poca libertà di movimento, come abbiamo visto), Bruno era sempre informatissimo sul mondo del cinema e del teatro. Quando al cinema del lunedì vedevamo “Fronte del porto” oppure “Lassù qualcuno mi ama” o, ancora, “Il lungo coltello” ecco che il giorno dopo, negli intervalli tra le ore di studio, ci spiegava con grande “professionalita'” gli stili di recitazione adottati da Marlon Brando, o Paul Newman o Rod Steiger, usando riferimenti e nomi quali Strasberg, Stanislavskij, Actors Studio, Kazan, Crawford, Scuole di Recitazione…(chissà se è stato Bruno ad avermi trasmesso la passione per il cinema e l’ammirazione per chi lo fa e per chi ne scrive?).
Bruno era, inoltre, sempre aggiornato sui concorsi per aspiranti attori che venivano organizzati in genere a Roma. Proprio ad uno di questi concorsi egli partecipò – in maniera assai rocambolesca visti i divieti di uscita che imperavano nel Convitto – nel periodo della nostra frequentazione: quando tornò, ci racconto che aveva fatto un provino di recitazione di fronte al commissario d’esame Giorgio Albertazzi, il quale si era complimentato con Bruno per l’ottima performance.
Purtroppo la nostra “convivenza” si interruppe dopo due anni: io proseguìi gli studi a Forlì nei tre anni successivi andando “a pensione” presso una famiglia (evidentemente i miei genitori mi consideravano sufficientemente maturo per autogestirmi senza collegi ne’ convitti). Peraltro, non frequentando la stessa classe, io e Bruno ci vedevamo ormai raramente (lui continuò a restare in Convitto), poi un giorno mi dissero che Bruno era partito ancora per Roma ma questa volta non era più tornato a Forlì.
Una decina di anni dopo (circa nel 1967-68) lo rividi… al cinema, probabilmente in uno dei primi film a cui partecipò: “La più grande rapina del West” del regista Maurizio Lucidi.
(l’immagine è tratta da: https://it.wikipedia.org/wiki/Bruno_Corazzari)