Sala dell’Arengo – Palazzo Municipale Ferrara – 5 giugno 2019
E’ racchiusa nelle parole che Stefania Guglielmi (Avvocata Udi Ferrara) pronuncia alla presentazione del volume di Carla Baroncelli “Ombre di un processo per femminicidio – dalla parte di Giulia”, l’attesa per qualcosa di insolito e innovativo, che incuriosisce e crea aspettativa. Un’aspettativa che, scopriamo presto, non andrà delusa.
“Un libro in cui è sovvertita la narrazione tradizionale”, “un libro didattico”, capace di “dare le risposte giuste a chi si interroga sulla correttezza grammaticale, semantica e giuridica della parola “femminicidio” e nel quale “l’apparente contraddizione tra l’essere “oggettivo” e, contemporaneamente, “di parte” non è un ossimoro”.
L’”oggetto del contendere” è riassunto nelle poche righe riportate dalla locandina con cui si è pubblicizzato l’evento di presentazione: “ Le 30 udienze del processo di femminicidio di Ravenna, in cui Matteo Cagnoni era accusato di aver ucciso la moglie Giulia, sono state seguite dalla giornalista Carla Baroncelli che ha descritto anche i lati oscuri e stereotipati di quel dibattito. Oltre il Comune anche le associazioni femminili (Udi, Linea Rosa, Associazione dalla parte dei minori) si erano costituite parte civile.”
Mai come in questo libro il “privato famigliare” dalla deprivazione del rispetto, al disconoscimento della soggettività di una persona, alla prevaricazione maschile fino alle estreme conseguenze, viene filtrato attraverso una consapevolezza e un sapere “di donna” nel quale l’ottica dello specifico femminile nulla trascura, né nel linguaggio, né nei comportamenti, in una riflessione a tutto tondo che mette in discussione attori e contesto in cui la violenza si sviluppa, e i ruoli da essi interpretati, legittimati da una incultura che affonda nello stereotipo e nel pregiudizio.
Ma lo “sguardo differente” che in questa narrazione acquisisce dignità e legittimità di genere femminile, è lo sguardo con cui l’autrice, e con lei le avvocate Sonia Lama e Rosamaria Albanese oltre a Paola Castagnotto del Centro Donne Giustizia, hanno trattato l’argomento del femminicidio, ha anche altri meriti: l’ascolto “oggettivo” per restituire dignità e credibilità alla vittima, il lessico rispettoso per far riflettere sull’uso spesso inconsapevole del tanto sessismo insito nel linguaggio del nostro quotidiano, la vasta rete di quell’associazionismo femminile in cui si riconoscono, volontariamente e con determinazione, donne unite da comuni valori e obiettivi, ma soprattutto la capacità di leggere, e di indurre a leggere, la realtà con occhi diversi, attente a non essere ghermite dalle derive in avvistamento, che si chiamano “raptus”, “tempeste emotive”… avvisaglie di un patriarcato pronto a metamorfosi e adattamenti pur di mantenere inalterate le proprie prerogative di potere.
Una parola per concludere: continuità. Continuità in un impegno che si attualizza con queste caratteristiche per non far cadere un insegnamento che è allo stesso tempo sia una modalità programmatica che un modo per mantenere viva la rete delle donne che approdano a consapevolezze e valori comuni e sono pronte a difenderli.