Quando lo Smart-working funziona davvero
Articolo di Nicola Cecere e Marianna Suar
Appena dopo l’inizio dell’emergenza coronavirus le grandi aziende, certamente quelle più attrezzate e organizzate, hanno dato avvio a quello che ormai si definisce Smart Working, o lavoro agile.
Più in concreto: svolgere la propria attività restando a casa, ossia lavoro da casa o home working, come dovrebbe essere più corretto definirlo.
Si è cercato di organizzare la propria forza lavoro in modo che vi sia sempre un numero massimo sostenibile di dipendenti fisicamente presenti in quanto la misura più importante ed efficace contro l’epidemia è, e sarà sempre, il distanziamento sociale e la riduzione di persone che contemporaneamente si trovano in un luogo per un certo tempo.
La maggior parte delle grandi aziende presenti nel petrolchimico di Ferrara ha concesso di rimanere a casa a tanti dipendenti senza impatti, per quanto possibile, sulle retribuzioni. Si è trattato di una opportunità non programmata e alla quale non si era preparati.
Per svolgere attività da remoto occorrono strumenti adatti: ad esempio, i computer portatili che non erano inizialmente in dotazione a tutto il personale.
In poco tempo i colleghi delle funzioni preposte hanno configurato nuovi computer portatili e li hanno assegnati ad una buona parte di coloro che erano nelle tabella del lavoro agile. Altri dipendenti hanno potuto utilizzare i propri computer di casa, aventi le stesse caratteristiche di quelli dell’ufficio, il che significa stare davanti al computer fisso di casa come se si stesse davanti a quello che si ha in ufficio.
Seguendo tale modalità intere funzioni di stabilimento si sono ripensate per continuare le proprie attività e non creare interruzioni nei programmi di produzione.
Ci sono operazioni che si possono svolgere completamente nel nuovo assetto: attività di progettazione, simulazioni di processo e calcoli, elaborazione di note tecniche e più in generale stesura di documenti, formazione a distanza, partecipazione a riunioni anche con colleghi di altri siti operativi e di altre aziende, coinvolgendo anche più persone.
Abbiamo constatato che tutte le riunioni si possono fare partecipando da casa o restando nel proprio ufficio, via Skype.
Addirittura per quanto riguarda le attività delle funzioni cosiddette di staff, come l’amministrazione, la nostra personale esperienza ci ha dimostrato che esse si eseguono da remoto anche con maggiore efficienza.
Una importante operatività che abbiamo visto potersi svolgere con successo, da distante, è quella che fa capo alle varie audit dei sistemi di certificazione, nelle quali una terza parte indipendente dichiara che un determinato prodotto, processo o servizio è conforme a requisiti specificati.
In pratica auditors, collegati ognuno da una propria postazione, hanno visionato i documenti caricati su un’area di memoria dedicata all’archiviazione di dati: su un cloud, (uno spazio di archiviazione personale che risulta essere accessibile in qualsiasi momento ed in ogni luogo utilizzando semplicemente una qualunque connessione ad Internet) il cui utilizzo è offerto come servizio da un provider, di cui se ne parla molto oggi … da noi, semplicemente si fa.
Altri documenti richiesti venivano forniti in tempo reale, potendo anche condividere immagini, interagire attraverso domande: insomma è stato come avere continuamente un ispettore nell’ufficio accanto. Per molti di noi, che hanno iniziato a lavorare quando non c’erano neanche i computer negli uffici, resta sempre il fascino e la sorpresa per le potenzialità che offrono i sistemi informatici.
Un’altra esperienza specifica in quest’ambito è quella di una audit di cyber-security affrontata proprio nei giorni iniziali del lock-down.
Si rischiava di avere una non-conformità e non è stato facile capirsi subito, a distanza e in videoconferenza.
Soprattutto, non è stato semplice coordinarsi, tra 2 fornitori e 6 colleghi distribuiti in totale su 9 siti diversi e con differenti operatività. Tuttavia, grazie alla capacità di fare squadra, si sono potuti produrre la documentazione e gli schemi necessari, consegnandoli agli esaminatori in tempo utile entro la chiusura dell’audit.
In particolare, mancava all’appello un “firewall”, ossia una apparecchiatura che fa da filtro irrinunciabile contro eventuali attacchi informatici e impedisce a chi non è autorizzato di entrare nel network aziendale.
Si potrebbero fare molti altri esempi: una riunione tra vari colleghi tutti a casa, anche non in Italia, iniziata dopo pranzo, tra interventi vari, presentazioni, collegamenti anche successivi e progressivi, durante la quale si sono visti bambini che portavano il caffè al loro papà, che è stata interrotta da voci in sottofondo che reclamavano la cena: eravamo arrivati alle 8 di sera quasi senza accorgercene!
Dal bilancio dei primi 2 mesi di “Lavoro da Casa” possiamo dunque trarre molte conclusioni positive, ricordando sempre che l’obiettivo primario al quale siamo stati chiamati era poter rispettare e far rispettare le direttive sul contenimento dell’espansione dell’epidemia.
Questo va sempre sottolineato in quanto siamo lavoratori e cittadini di una comunità.
Il “lavoro intelligente” ci ha consentito indubbiamente di ridurre le probabilità di contagiarci, di avere un occhio di riguardo per le nostre famiglie e i nostri anziani. Ma proprio grazie allo smart working abbiamo preservato da maggiori occasioni di contagio chi invece per sua stessa mansione e ruolo ha dovuto necessariamente operare con la propria presenza sugli impianti o nei cantieri.
Non è un dettaglio, ma da noi gli impianti non si sono mai fermati e, con gli impianti in marcia è stata data centralità, in ogni analisi sviluppata per rispettare il lock-down, al lavoro in turno che ha permesso di garantire la continuità di marcia nel sito di Ferrara.
E con ciò si aprirebbe un altro capitolo molto interessante: ci siamo tutti resi conto che alcuni prodotti degli impianti del nostro stabilimento sono strategici anche nei momenti più bui delle crisi economiche e sanitarie. Sono le materie plastiche utilizzate nei settori biomedicali, nei contenitori che garantiscono igiene e pulizia.
Da sempre si produce per il settore agroalimentare; fin dall’inizio dell’emergenza pandemica, siamo nella filiera dei tubi per i respiratori e delle mascherine chirurgiche… e non è poco.
Come proseguirà il lavoro da casa ? E per quanto tempo durerà ? Potrà diventare un vero smart working esteso ad un maggior numero di colleghi ? Soltanto lodi per il lavoro da remoto ?
Continuando l’elenco dei vantaggi, restare a casa limita viaggi da e per la fabbrica, quindi offre risparmi sui carburanti, non produce inquinamento nei trasferimenti. Poi c’è l’opportunità di organizzare meglio la propria giornata e si concilia il lavoro con altri momenti importanti della nostra giornata.
Ma proprio qui è il punto: rimanere a casa non è l’equivalente di lavorare da casa quando il riferimento primo della nostra operatività sono gli impianti di produzione che operano a ciclo continuo. E’ probabile che debba essere rivista l’organizzazione del lavoro. Certamente tali aspetti devono essere al centro di ulteriori approfondimenti con le giuste competenze che queste considerazioni richiedono.
I ragionamenti possono riguardare gli orari di svolgimento degli interventi di manutenzione, gli orari di presenza dei dipendenti in giornaliero. La stessa, consolidata, concezione del lavoro in giornaliero nell’arco dalle ore 8,00 alle ore 17,00 dal lunedì al venerdì potrebbe essere messa in discussione.
Da ragionare inoltre sugli strumenti ed attrezzature di cui dotarsi per lavorare sempre più efficacemente da casa. Poi ci sono gli aspetti legati ai controlli e sorveglianze sui dipendenti che operano da remoto.
Al momento una cosa ci sembra certa. #Andrà tutto bene, per chiudere con lo slogan con il quale si è aperto il lock-down, se saremo capaci di essere aperti e disponibili ad ogni cambiamento. #Restiamo a casa e, forse, lavoriamo meglio.
Ing. Nicola Cecere – Dipendente Versalis (Eni), Ferrara
Ing. Marianna Suar – Dipendente Versalis (Eni), Ferrara