Si sente spesso dire, dopo un’alluvione o qualche altra catastrofe naturale: “eventi di questa intensità accadono ogni 500 anni”. E a questo punto molti pensano che, se è accaduto quest’anno, per qualche secolo possiamo star tranquilli.
Analogamente il terremoto del 2012 è stato subito messo in relazione, dai ferraresi, con il terremoto del 1570, e così molti hanno parlato di un tempo di ritorno di 500 anni, o addirittura di 442 (la differenza esatta tra il 2012 e il 1570).
Sono tutti modi sbagliati di usare i tempi di ritorno. Nel caso del terremoto del 2012 è tre volte sbagliato. Non si può parlare di 442 anni perché non abbiamo a che fare con un timer, semmai si dovrebbe pensare ad un evento che può cadere nell’arco di ogni mezzo millennio. Ma è sbagliata anche questa considerazione, perché in questo modo vengono messe in relazione scosse dovute a cause diverse: nel 1570 si è mossa una faglia proprio sotto Ferrara, nel 2012 si sono invece mosse faglie differenti e più occidentali. Infine non si tiene conto di altri terremoti che hanno interessato la nostra città nel Settecento. Quindi non “abbiamo già dato per altri 500 anni” come molti ferraresi pensano; la faccenda è più complessa.
Vediamo la definizione “tempo di ritorno” data dal NOAA National Center for Environmental Information (NCEI, but formerly NCDC) webpage:
… è un modo statistico di esprimere la probabilità di qualcosa che accade in un dato anno. Un evento (tempesta, alluvione terremoto o altro) con tempo di ritorno pari a “20 anni” ha il 5% (= 1/20) di probabilità di accadere in un dato anno.
In altre parole, se si parla di un evento “ventennale”, non significa che si verifica ogni 20 anni, bensì che ha una frequenza media di una volta ogni ventennio. E ogni anno la probabilità che si verifichi è pari a uno su venti. Non sappiamo però quando questo evento si può presentare, all’interno dell’orizzonte temporale di 20 anni. Potrebbe, ad esempio, non presentarsi per 19 anni, poi ripetersi in due anni consecutivi e poi non ripresentarsi più per altri 19 anni.
Fin qui abbiamo visto il modo corretto di interpretare questo dato statistico. Vediamo ora di approfondire la “validità” di questo dato, perché in effetti del concetto di tempo di ritorno spesso si fa decisamente abuso.
Innanzitutto deve trattarsi non solo di eventi simili, ma anche derivanti dalle stesse cause, con analoghe condizioni al contorno. Inoltre gli eventi debbono essere stati studiati in un ampio arco temporale. Per decidere, ad esempio, che un evento ha un tempo di ritorno ventennale, l’ideale è che lo si sia potuto registrare in un periodo precedente assai più lungo. E’ quello che in statistica viene definito intervallo di confidenza, o intervallo di fiducia. Ad esempio: un secolo intero. Se in quel secolo l’evento si è presentato 5 volte, ecco che si può parlare di tempo di ritorno ventennale.
Ma l’intervallo di fiducia ha poco senso ( … non merita fiducia) se le cause che determinano l’evento sono in movimento, e si stanno muovendo in modo notevole ma non costante, magari con una dinamica non ben nota. Per questo motivo io tendo a “prendere con le molle” i tempi di ritorno riferiti, ad esempio, alla probabilità che un fiume presenti in futuro una piena eccezionale, che avvenga un allagamento, che si muova una frana, se questi fenomeni sono stati contati su intervalli di fiducia molto precedenti, oppure su intervalli comprendenti tempi nei quali non solo le cose stavano in modo diverso da oggi, ma erano in continua evoluzione.
Quindi, andiamoci piano a parlare di tempi di ritorno di vari secoli quando è ormai assodato che, nei secoli precedenti, le condizioni climatiche erano assai diverse da quelle attuali. Estrapolare i nostri comportamenti su queste basi è sicuramente incauto.
Questi dubbi non debbono però diventare un alibi per mancate politiche di cura del territorio, anzi, debbono diventare un motivo in più per approfondire. Per eseguire una corretta prevenzione non ci si può accontentare di citare un tempo di ritorno, bisogna entrare il più possibile nel merito del fenomeno, con spirito critico e in un’ottica multidisciplinare.
(l’immagine della Rocca Estense di San Felice sul Panaro è tratta da: http://www.cittadarte.emilia-romagna.it/luoghi/modena/rocca-estense)