Conclusioni di Giorgio Anselmi, Presidente nazionale del Movimento Federalista Europeo, al convegno finale sulla Cittadinanza Europea, Ferrara 7 dicembre 2019.
Ringrazio gli organizzatori per l’invito a trarre le conclusioni di questo interessante incontro. Proverò a toccare alcuni temi che sono stati trattati nelle relazioni.
Per quattro anni sono stato direttore di un meeting euro-mediterraneo che si svolgeva in Calabria e che metteva insieme giovani dei tre continenti che si affacciano sul Mediterraneo. Ebbene, sono rimasto meravigliato quando tre anni fa ho saputo che un sindaco della zona del Pollino, in provincia di Cosenza, ha messo in vendita case del suo comune ad appena 1 euro, a condizione che ci si venisse ad abitare. L’esempio è stato seguito da altri comuni e talvolta con risultati positivi, perché ci sono stati artisti ed intellettuali, soprattutto del Nord Europa, che hanno comprato la casa ed hanno contribuito alla rinascita di quei paesi.
Da questo nasce una prima considerazione: a livello mondiale si sta passando dal conflitto tra le classi sociali al conflitto tra i territori. E’ una cosa che stiamo vedendo ovunque. Partiamo da casi recenti. Se guardate il referendum del 2016 nel Regno Unito, vedete che non solo le diverse nazioni che compongono il Regno Unito – Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord – hanno votato in modo diverso, ma anche che la grande Londra ha votato in modo notevolmente diverso rispetto alle aree periferiche della stessa Inghilterra. Negli Stati Uniti alle ultime presidenziali Trump ha preso quasi tre milioni di voti in meno rispetto a Hillary Clinton, ma è diventato presidente per effetto del sistema elettorale americano. Se andate però a vedere il voto, Trump è prevalso negli Stati della Rust Belt (Cintura della ruggine), in cui c’è stata una forte deindustrializzazione anche per effetto della concorrenza della Cina.
Vi cito un altro caso. Un recente articolo del Sole 24 Ore sul PIL pro capite dei paesi dell’Unione Europea mostrava che molte regioni della Francia, un paese al di sopra di noi come PIL complessivo, hanno il PIL pro capite più basso di molte regioni Italiane. In Francia sono Parigi e la zona intorno alla capitale, con oltre 10 milioni di abitanti, ad alzare di molto la ricchezza nazionale, ma il PIL del Nord Est italiano è superiore a quello di molte regioni della Francia.
L’inevitabile conseguenza di ciò è che lo stato nazionale è sempre meno capace di gestire, controllare e risolvere problemi di queste dimensioni. Quindi gli squilibri territoriali tendono ad aumentare invece che diminuire e a diventare sempre più gravi. Da questo dipendono anche le asimmetrie informative. Le zone più marginali, più periferiche dell’Unione Europea hanno meno conoscenze o non ne hanno per niente. Molti non sanno nulla dell’Unione Europea, sanno appena che esiste. Ogni cinque anni vanno a votare, ma non sanno cosa fa, non l’hanno mai vista agire nei loro territori . E’ un deficit conoscitivo più che democratico e su questo prosperano le spinte politiche contrarie all’Europa e le fake news.
Di questo oggi si è molto più consapevoli che nel passato. Se ne è tanto consapevoli che, a livello europeo, a partire da una lettera che il presidente francese Macron ha inviato a tutti i cittadini europei, si è deciso di convocare una Conferenza sul futuro d’Europa. L’idea è stata ripresa da due partiti europei, i socialisti e democratici ed i liberali, ed è stata fatta propria dalla neo presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen, che è entrata in carica il 1° dicembre. Attraverso un accordo interistituzionale (tra le tre principali istituzioni europee: il Consiglio, che rappresenta gli Stati, il Parlamento europeo, che rappresenta noi cittadini, e la Commissione, che funge in qualche modo da governo europeo) si procederà nel febbraio 2020 a convocare questa Conferenza, il cui obiettivo è coinvolgere i cittadini sul futuro del Vecchio Continente.
Ho letto il testo delle audizioni della Commissione Affari Costituzionali, che si occupa di questo argomento, con interventi di membri della Commissione stessa e di alcuni docenti, tra cui due italiani. Un docente, se ricordo bene dell’Università di Helsinki, ha sostenuto che i politici europei non conoscono i problemi dei cittadini europei. In realtà i problemi dei cittadini sono noti e, a seconda del luogo di residenza, sono: l’immigrazione, i rapporti con la Russia, i cambiamenti climatici, la disoccupazione, ecc. Quindi perché consultare noi cittadini quando i problemi sono noti? Sarebbe più opportuno che i politici cominciassero a formulare delle risposte ai problemi e che il confronto coi cittadini si realizzasse sulle risposte da dare.
La confusione a livello europeo è tale che si pensa che possano essere i cittadini a dare una spinta al processo di integrazione formulando opinioni, pareri o addirittura suggerimenti. C’è anche il rischio che la Conferenza diventi un parlatorio e non riesca a fare proposte concrete in due ambiti che per noi federalisti sono prioritari: quali politiche trasferire a livello europeo e quali istituzioni servono per realizzare tali politiche. Noi ci batteremo perché la Conferenza sia in grado di indicare delle linee guida sia sul fronte delle politiche che delle istituzioni, per dare risposte ai problemi dei cittadini.
Ogni anno incontro circa 2.500 studenti delle superiori (in passato sono venuto anche al “Carducci”). Quando chiedo ai ragazzi quale è il maggior beneficio del processo di integrazione europea, raramente mi dicono la pace. Personalmente ritengo che questa sia una cosa bella, nel senso che i ragazzi considerano la pace un dato acquisito per sempre. Se avessero fatto a me questa domanda ai tempi del liceo, avrei detto subito la pace perché mio padre era stato in campo di concentramento e mio nonno aveva fatto la prima guerra mondiale. Voi siete la generazione della pace dopo la pace, perché nemmeno i vostri genitori hanno fatto la guerra.
Quando però faccio la seconda domanda, e cioè quale è il problema più grande che devono affrontare i giovani oggi, la risposta è il lavoro. Non è che in passato non ci siano stati problemi. Pensiamo a quello che succedeva in Italia fra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta: inflazione al venti per cento, terrorismo, fuga dei capitali, ecc. Oggi però abbiamo di fronte un quadro mondiale nuovo. In quegli anni eravamo all’interno di un equilibrio bipolare stabile: poteva crollare qualche certezza, però il quadro rimaneva sostanzialmente immutato e non c’era questa terribile instabilità. Oggi i cambiamenti climatici possono provocare addirittura la fine dell’umanità. E’ cambiato il mondo e bisogna agire in un mondo così caotico. Chi poteva pensare che negli Stati Uniti sarebbe arrivato un Trump? Qualcuno parla di “italianizzazione del mondo”, nel senso che prima ci deridevano per fenomeni politici che accadevano solo in Italia ed oggi ci sono episodi politici simili anche negli Stati Uniti o in Gran Bretagna.
Questi fenomeni che stanno sconvolgendo il quadro mondiale avranno conseguenze profonde sul futuro dei giovani e bisogna pensare per riuscire a trovate risposte adeguate. Noi pensiamo che il modello federale sia in grado di realizzare il governo della complessità, perché il mondo è sempre più complesso. Ha detto bene Rudi Dornbusch: “I problemi complessi hanno soluzioni semplici, e sbagliate.” Sbagliate perché non ci sono soluzioni semplici a situazioni complesse. Oggi vivere nel deserto del Kalahari è meno complicato che vivere a Ferrara; è molto più difficile, ma meno complicato.
Il federalismo è il tentativo di dare risposte attraverso l’interdipendenza, la cittadinanza multilivello ed il principio di sussidiarietà a problemi straordinariamente complessi come sono quelli del mondo di oggi: dal quartiere di Ferrara al mondo intero. L’Europa è lo strumento fondamentale per noi europei per dare risposte di questo tipo, nel senso che non abbiamo alternative per riuscire a contare nel mondo di domani.
Oggi siamo circa il 7 % della popolazione mondiale, produciamo il 20 % del PIL, spendiamo il 50 % per il welfare state. La brutta notizia riguarda voi giovani: se guardiamo la percentuale di giovani europei sotto i 30 anni, a livello mondiale scendiamo al 4%. E’ il baratro demografico di cui si parlava prima a proposito dei comuni del Basso Ferrarese. Questo è il mondo in cui ci troviamo già a vivere, con tutte le sfide che questo comporta. La Conferenza sul futuro dell’Europa può diventare lo strumento per adeguare l’Europa ai bisogni dei cittadini europei, per dare risposte ai loro problemi e anche per riconquistare il loro consenso.
Cosa bisogna fare? Quello che noi federalisti perseguiamo dal 1941, col Manifesto di Ventotene, e poi col Movimento Federalista Europeo, nato nel 1943. Bisogna dotare l’Europa di un governo.
Governo è avere le risorse umane e risorse materiali per gestire i problemi. Ebbene, a livello europeo non abbiamo le risorse umane e materiali per gestire i problemi del mondo oggi.
Sapete quanti dipendenti ha Frontex per gestire il problema delle frontiere europee? Nel 2020 ormai in arrivo diventeranno 1015. Sapete quanti ne servirebbero davvero secondo le stime della Commissione Europea? Un numero paragonabile a quello americano: 100.000. Da uno a cento!
Il bilancio europeo è nemmeno l’1% del PIL, quello americano è il 22,7%. Potremmo continuare con esempi di questo tipo, ma credo che basti.
Un’ultima battuta di Sherlock Holmes per voi ragazzi: “Non so vivere senza strizzare il cervello e del resto per cos’altro vale la pena di vivere?” Ci sarà molto bisogno di strizzare il cervello nei prossimi anni.
Guarda il VIDEO dell’intervento conclusivo del Presidente nazionale del Movimento Federalista Europeo al convegno del 7 dicembre 2019 sulla Cittadinanza Europea.