Le politiche di coesione, ha osservato il prof. Aurelio Bruzzo nella sua relazione al ciclo di iniziative sulla “Buona Politica Europea” organizzato dal Movimento Federalista Europeo al Dipartimento di Economia dell’Università di Ferrara e coordinato dal prof. Francesco Badia, sono una parte fondamentale delle politiche dell’Unione Europea, e si aggiungono alle politiche agricole e alle politiche per l’integrazione.
Anche se forse non sono la parte più nota, le politiche di coesione sono tuttavia la parte più importante di tali politiche perché hanno come obiettivo la riduzione del divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e sono quindi preparatorie ad una vera Unione (si legga a tale proposito anche il commento di Paola Croci su questo stesso blog). Sull’intero bilancio UE, le politiche di coesione incidono infatti per oltre un terzo delle risorse disponibili (che, ricordiamolo, non possono superare l’1% dei bilanci nazionali e pervengono all’Unione da una parte degli introiti Iva), nel periodo 2014-2020 hanno superato i 350 miliardi di euro ed hanno come obiettivo fondamentale il riequilibrio regionale, favorendo gli investimenti sia pubblici che privati in tutta l’Unione ma veicolando le maggiori risorse sui territori meno sviluppati, come per esempio il nostro Mezzogiorno, che è sempre stato presente in tutti i periodi di programmazione pluriennale: 1989-1993, 1994-1999, 2000-2006, 2007-2013, 2014-2020.
Alcuni dati di estremo interesse sono stati evidenziati, e cioè che mentre altre regioni meno sviluppate, come quelle della penisola Iberica, sono via via uscite dai programmi di investimento avendo raggiunto gli obiettivi di crescita macroeconomica, altre aree come appunto in nostro Mezzogiorno, si ripropongono in ogni periodo e non sempre riescono ad utilizzare i fondi messi a disposizione, almeno per quanto riguarda i progetti approvati; la parte di risorse dell’UE destinata e non spesa da questi territori può infatti essere riprogrammata per finanziare altri progetti (i cosiddetti progetti sponda), è chiaro però che in questo modo le risorse, che pure non vanno perdute, si orientano verso obiettivi meno incisivi di quelli inizialmente previsti per favorire le zone meno sviluppate.
La Regione Emilia-Romagna, pur non rientrando nelle aree bisognose e quindi avendo a disposizione meno risorse dall’UE, è stata tuttavia la migliore in Italia; mentre Ferrara, nel periodo 2014-2020, è stata la provincia che ha ottenuto minori risorse non essendo ora più applicabili i criteri che, per esempio, l’avevano favorita nel periodo 2007-2013 con le politiche del cosiddetto obiettivo 2, che ha avuto una certa rilevanza per favorire insediamenti produttivi ad esempio nel Basso Ferrarese.
Tutti i progetti finanziati si possono trovare nel sito Opencoesione, le politiche di coesione hanno per oggetto in prevalenza programmi di investimento infrastrutturale, mentre occorre precisare che a sostegno della ricerca scientifica e tecnologica l’UE ha previsto altri programmi specifici, ed in particolare Horizon 2020.
I fondi strutturali complessivamente sono cinque, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), il Fondo di coesione oggetto della lezione del prof. Bruzzo, il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), il Fondo sociale europeo (FSE). Poi vi è il Fondo di solidarietà dell’UE (FSUE), che interviene in situazioni di grave emergenza e per la ricostruzione post-terremoto, e di cui l’Italia è il primo beneficiario.
La politica europea è buona politica, perché utilizza risorse che sono comuni ai diversi Stati membri, ma le orienta verso investimenti produttivi e infrastrutturali, in una logica di programmazione pluriennale che i singoli Stati, lasciati a se stessi, non potrebbero avere. L’Italia, ad esempio, ha mostrato in generale di avere come Stato una spesa pubblica poco efficiente, mentre la spesa promossa dall’Europa costringe gli Enti italiani a progetti virtuosi, trasparenti e favorisce quella Buona Amministrazione che rimane ancora un obiettivo da realizzare in molte parti del nostro Paese, e di cui sono esempi le politiche ambientali, di depurazione, di raccolta differenziata, che in Italia sono decollate solo sotto l’impulso dell’Europa.
In questo senso, svolge una funzione fondamentale di riequilibrio delle risorse all’interno di tutto il territorio dell’Unione. L’auspicio, aggiungiamo noi, è che tali risorse possano sempre più incrementarsi (e del resto siamo passati dai 69 miliardi di euro nel periodo 1989-1993 ai 351 miliardi di euro del periodo in corso, 2014-2020) e che il piccolo bilancio dell’UE possa diventare un grande bilancio europeo.