Il giorno 9 aprile 2019 in un’aula della facoltà di Economia e Management dell’Università di Ferrara, si è svolto il primo di tre incontri pubblici organizzati dalla sezione MFE di Ferrara in collaborazione con detta facoltà e Unife aventi per tema “La buona economia europea “. L’argomento trattato è stato “ l’euro”. Introdotto da un discorso d’apertura dell’amico Francesco Badia, docente di Economia presso l’Università di Bari nonché militante del MFE, che di fatto si è occupato dell’intera organizzazione dell’evento, ha preso la parola l’economista Prof. Patrizio Bianchi, già rettore dell’Unife, attualmente assessore al coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro della Regione Emilia Romagna. Patrizio Bianchi ha voluto presentare l’argomento partendo dalle rivoluzioni industriali per arrivare al significato dell’introduzione della moneta unica, passando attraverso la storia della formazione degli stati nazionali e i concetti appunto di Stato, nazione e popolo di cui proprio gli ultimi due presentano aspetti di ambiguità, che opportunamente sfruttati con la progressiva eliminazione dei corpi intermedi della vita civile sono forieri di pericoli per la vita democratica e la convivenza pacifica. L’attualità degli accadimenti in Italia e nel mondo lo stanno a testimoniare. Ha soprattutto voluto comunicare l’imprescindibile necessità, per chi voglia raggiungere l’obiettivo originario della federazione europea, che ricorda indispensabile non soltanto per i cittadini europei ma per il bene mondiale, di proiettare analisi e strategie “ sempre oltre” le cose, i fatti, le formule date; assolutamente fuori dai vaneggiamenti dell’Europa delle nazioni o dei popoli, ma cominciando a pensare all’Europa delle Autonomie rispetto alle quali egli afferma che siamo maturi.
La frase con cui ha voluto sintetizzare tutto il suo discorso, parafrasando Totò in un suo celebre film che lo vedeva, come espressione di una società ferma e inevitabilmente conservatrice arrivata ad un inaspettato confronto con la realtà moderna di Milano, è stata:
”Noi volevamo sapere, per andare dove vogliamo andare, per dove dobbiamo andare? “